:: Mediorientarsi – La Maschera della Verità, Pınar Selek, (Fandango Libri, 2015) a cura di Matilde Zubani

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maschera-veritàNata nel 1971 in una  famiglia di Istanbul, laica e di sinistra, Pınar Selek non ha mai sentito parlare di armeni, finché un giorno la madre farmacista saluta una vicina di casa chiamandola “madame Talin”. Incuriosita, chiede chiarimenti e scopre che “madame” è l’appellativo riservato alle donne greche e armene, per distinguerle dalle turche “hanim“.
A scuola Pınar studia sul suo manuale che “il diavolo chiamato ‘armeno’ era l’eterno nemico del turco” e recita ogni giorno lo slogan “felice chi si dice turco!”, ma poco a poco questa granitica verità inizia a sgretolarsi sotto i suoi occhi.
Pınar scoprirà che madame Talin è parte del “resto della spada”: espressione feroce usata per indicare gli armeni sopravvissuti al massacro avvenuto in Anatolia del 1915. Molti si sono salvati fuggendo a Istanbul, diventando invisibili, forzatamente assimilati a un’identità che non appartiene loro.
In Turchia sono gli anni duri del colpo di stato militare guidato dal generale Kenan Evren (12 settembre 1980), molti oppositori al regime riempiono le carceri (tra cui il padre della stessa autrice). Pınar Selek comincia a militare in diversi movimenti femministi, antimilitaristi e di estrema sinistra scoprendo, con rammarico che pur rifiutando ogni forma di nazionalismo, hanno ereditato la negazione del massacro e perso la memoria. Nel luglio del 1998 anche lei viene arrestata e torturata con lo scopo di farle confessare complicità inesistenti in un attentato inventato.
Una volta fuori, però, la lotta interiore continua e continuano gli incontri: prima con un ottantenne sagrestano armeno che vive nella chiesa dei Tre-Altari dopo essere rimasto completamente solo e che ha trovato nella fede la sua unica consolazione; poi con Hrant Dink: un armeno che non si nasconde, fondatore del primo giornale bilingue turco-armeno, Agos. Il giornale si fa portavoce di una domanda che suona scomoda alle orecchie di molti: dove sono gli armeni? Inutile dire che la voce di Hrant Dink viene presto messa a tacere da tre colpi di pistola nel gennaio del 2007.
Nel 2009 Pınar Selek lascia definitivamente la Turchia e si ritira in Francia, in esilio.
Con questo libro Pınar Selek ci consegna una testimonianza che cerca di spiegare al lettore cosa si prova a vivere in una città dove i nomi armeni sono stati cancellati dalle insegne, in un paese che, a cento anni di distanza, ancora non ha fatto i conti con le pagine nere e controverse del proprio passato.
Uno scritto che non vuole essere un vero e proprio racconto, ma piuttosto un collage autobiografico e intimista, forte, polemico. La traduzione (dal francese) curata da M. Maddamma riesce a rendere perfettamente il clima di tensione e frustrazione di quei giorni, di quegli anni vissuti dall’autrice e da molti altri.
Consiglio questo libro perché il dibattito sulle minoranze dimenticate e la tendenza a mettere in discussione giudizi storici consolidati non riguardano solo la Turchia e sono più che mai attuali.

Pınar Selek – Pınar Selek è una sociologa e attivista turca nata nel 1971 a Istanbul. Dal 2006 è l’editrice della rivista femminista Amargi. Dal 2009 vive in esilio in Francia, dove è ricercatrice all’École normale supérieure di Lione. Nel 2013 ha pubblicato il romanzo “La maison du Bosphore”.

Turchia, 1980Il colpo di stato del 12 settembre 1980 rappresenta uno dei momenti più tragici della storia turca. I militari presero il potere al culmine di una crisi molto difficile per la Turchia, tra stagnazione economica, instabilità politica e soprattutto una guerra civile strisciante tra gruppi di destra e di sinistra. La dittatura militare durò tre anni, durante i quali si contano 650mila arresti, oltre 200 morti per tortura, 50 esecuzioni capitali, oltre 1 milione e mezzo di persone schedate, migliaia di esiliati politici e di insegnanti licenziati, decine di migliaia di associazioni soppresse. Le vittime principali del colpo di stato furono gli attivisti e gli intellettuali di sinistra e il movimento autonomista curdo. Al di là delle violenze, le implicazioni del golpe nella politica turca furono molteplici e cariche di conseguenze ancor oggi tangibili. Nel 1982 venne redatta una nuova Costituzione (più volte emendata ma ancora in vigore) che introduce, ad esempio, una soglia elettorale del 10% per rendere il sistema partitico più gestibile, consentendo quindi l’accesso in Parlamento ad un massimo di due o tre fazioni politiche.
Nel 2014 l’Alta Corte di Ankara ha condannato all’ergastolo gli ultimi due protagonisti dell’azione golpista ancora in vita: il generale Kenan Evren, 96 anni, ex capo della giunta e settimo presidente della Turchia e Tahsin Sahinkaya, 89 anni, ex comandante dell’aviazione militare.

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