Traduzione dall’inglese di Vincenzo Mingiardi
Park Sonyo ha 69 anni e un giorno mentre cammina assieme al marito per raggiungere la stazione dei treni, scompare. La donna si volatilizza senza lasciare tracce o segni che possano aiutare i suoi familiari (i tre figli e l’anziano marito) a trovarla. Park Sonyo non ha con sé documenti, soldi o altro che possa esserle utile per chiedere aiuto ed è come se fosse stata inghiottita dalla marea umana che anima e vive nella città coreana di Seul. La famiglia della donna comincia una ricerca disperata per ritrovare la madre e la moglie che per anni li ha sempre sostenuti, cresciuti ed aiutati. Nel romanzo della Shin si alternano i punti di vista di tutti i personaggi coinvolti, dai quali emergono non solo i loro caratteri, ma anche tutta una serie di domande che evidenziano quanto poco questi figli e il marito conoscessero l’amata donna sparita. A cercare Park Sonyo ci sono Chi-on la figlia scrittrice di successo e nubile, Hyong- Chol, il figlio molto preso dal suo lavoro ,la figlia più piccola, una farmacista sposata con tre bambini e il capofamiglia che per ragioni di età più che muoversi tra i meandri della città, ripercorre mentalmente la vita passata con la moglie, accorgendosi di non avere mai avuto per lei le attenzioni dovute. Ogni domanda che i quattro si pongono formerà una catena di interrogativi la cui unica risposta è la presa di coscienza che loro non hanno mai conosciuto a fondo la loro madre e moglie. Il libro si svolge tra il presente e il passato dal quale emerge la figura di una madre-moglie che ha sempre fatto di tutto per sostenere e aiutare la propria famiglia – e non solo-sacrificando le sue ambizioni personali in nome di un profondo amore per il marito e i figli. Prenditi cura di lei è un viaggio dentro alla disperazione di un nucleo familiare che ha perso una persona amata e non riesce a trovarla, ma allo stesso tempo l’autrice ci racconta il cammino introspettivo e psicologico compiuto da ognuno dei congiunti della scomparsa. Il percorso interiore sarà rivelatore per il lettore, in quanto evidenzierà i caratteri dei personaggi presenti in questa vicenda e farà capire a chi legge chi tra i quattro “ricercatori” è quello più impegnato e coinvolto nell’ indagine. In tutto il romanzo aleggia un’imperante atmosfera di angoscia e dolore, ma anche un crescente senso di colpa, perché quella donna che per i figli è sempre stata forte è disponibile ora, per la prima volta nella sua vita, ha bisogno del loro aiuto e Chi-on e i fratelli non sanno cosa fare. Prenditi cura di lei, non è solo il titolo del libro della Shin che ha commosso tutto il mondo, ma è anche la frase ripetuta più volte nelle pagine, una sorta di passaparola che va da un personaggio all’altro e che evidenzia la dolorosa consapevolezza da parte di tutti, e in particolare di Chi-on, di non essere stati capaci di curarsi dell’unica persona che li ha messi al mondo e che più li ha amati.
Kyung-Sook Shin è nata in una remota regione montuosa nella Corea del Sud.Ha esordito come scrittrice nel 1985 con il racconto Fiaba d’inverno, seguito poi nel 1993 dalla raccolta di racconti Dov’era un tempo l’harmonium. Con Prenditi cura di lei, un romanzo tradotto in tutti i maggiori paesi occidentali e pubblicato in Italia da Neri Pozza (2011) ha ottenuto uno strepitoso successo internazionale.
11 aprile 2014 alle 19:24 |
Potenzialmente può avere un grande successo, anzi, probabilmente ce l’ha già. Ciò che parla degli abissi dell’anima in un modo nel quale molti si possono riconoscere, almeno parzialmente, ha sempre buona probabilità di successo.
Ottima recensione 🙂
http://www.wolfghost.com
11 aprile 2014 alle 19:52 |
Ciao Wolf, che bello che sei passato 🙂 Sì, è un romanzo molto interessante, l’ho iniziato anche io, catturata dalla trama. Forse avrei scelto la terza persona o la prima come voce narrante, ma per il resto è ricco di spunti di riflessione. La letteratura coreana non è così diffusa, merita una certa riscoperta, sicuramente. 🙂
12 aprile 2014 alle 19:05 |
Non conosco la letteratura coreana, qualcosa di quella giapponese, ma immagino siano parecchio distanti. Forse anche per questo ho trovato così interessante questo articolo 🙂