:: Recensione di Il mago della luce, Mathias Gatza, (Neri Pozza, 2013) a cura di Viviana Filippini

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il_mago_della_luce_02Quanto è stato importante per gli uomini dei secoli scorsi trovare mezzi alternativi alla pittura per riprodurre alla perfezione la realtà per come essa è? Parecchio direi e di solito la mente corre alla nascita del cinema con i fratelli Lumière nella Parigi del 1895. Per la fotografia si deve indietreggiare di qualche anno, nel 1826,  con le sperimentazione di Joseph Niépce. Ma sarà proprio quest’ultimo  il vero scopritore dell’arte di riproduzione fotografica della realtà o forse qualcuno ci riuscì prima di lui? Questa è una della tante sfumature di giallo contenute ne Il mago della luce, l’ intrigante nuova opera narrativa del tedesco Mathias Gatza. L’enigma da risolvere c’è nel presente ambientato a Dresda nel 2002 con l’indagine di un anonimo curatore coinvolto in un ricerca disperata di documenti antichi a lui necessari per ricostruire la vita di un pittore del quale esistono due opere certe. Poi, il giallo si trasferisce nel passato, sempre a Dresda, ma nel XVII secolo, quando una serie di brutali omicidi mettono a dura prova la popolazione della cittadina e l’artista Silvius Schwarz, appena rientrato dai suoi viaggi, è ritenuto uno dei principali indiziati. Sarà lui il vero colpevole, o qualcuno ha orchestrato tutto per incastrare il giovane mago del colore? Fosse solo questa la domanda a cui rispondere non ci sarebbero problemi, ma un’altra questione che attanaglia il lettore è questa: perché tutti temono le opere d’arte che Schwarz ha realizzato grazie alle sue scoperte in ambito artistico – scientifico? Il mago della luce di Gatza è un libro originale  all’interno del quale le imprese del pittore del ‘600 sono narrate tramite la convivenza di tre punti di vista. Uno è quello contemporaneo, rappresentato dall’ottica del curatore anonimo dell’opera dedicata a Schwarz. L’esperto di arte ci racconta il contorto e intricato cammino che lo ha portato alla disperata ricerca dei sei antichi Libretti dello stampatore secentesco Leopold dentro ai quali è raccolto l’intero vissuto di Silvius. Oltre alla caccia al “tesoro”, l’io narrante ci mette a conoscenza della sua di vita, delle sue sconfitte in ambito amoroso e professionale, eventi derivanti dal suo ossessivo interesse verso Schwarz. Una passione malata che disintegra la dimensione  relazionale del ricercatore e lui non sembra soffrine molto. Gli altri due punti di vista sono da collocare nel passato negli anni Settanta del 1600 e corrispondono ai Libretti stampati da Leopold e alle lettere di un romanzo epistolare della matematica  Sophie Von Schlosser donna all’avanguardia per la sua epoca e un qualcosa in più di una semplice amica per il pittore. Questi tre sguardi si susseguono nelle pagine de Il mago della luce dando vita ad un giallo storico nel quale l’amore, la filosofia, il bisogno di sapere, la passione per la ricerca artistica e scientifica si mescolano raccontando a chi legge le gesta di Silvius Schwarz, focalizzando l’attenzione sull’importante e misteriose scoperta fatta da lui compiuta. Una novità sì eccezionale, ma allo stesso tempo scandalosa che lo etichetterà come uno dei precursori della fotografia e vittima del pregiudizio popolare. Il mago della luce di Gatza è stato concepito con un impianto narrativo  nel quale i confini  tra realtà, illusione, menzogna sono in bilico perenne tra loro, così come lo sono il presente e il passato dell’ambientazione. Dal mio punto di vista ciò che incuriosisce e rende originale questo giallo barocco è il linguaggio narrativo stesso, nel senso che Gatza fa parlare il curatore anonimo con espressioni a noi note e conosciute,  compatibili con il nostro parlato quotidiano. Tutto si trasforma nel momento in cui leggiamo le parti dei  Libretti di Leopold o le lettere di Sophie, caratterizzate da quelle forme linguistiche di altri tempi che rendono più completa l’immersione del lettore nella caccia al colpevole e alla grande scoperta che cambierà per sempre la riproduzione ottica della realtà. Traduzione di Emanuela Cervini.

Mathias Gatza è nato nel 1963 a Berlino. Nel 1990 ha fondato la casa editrice Mathia Gatza, con cui ha pubblicato soprattutto autori di lingua tedesca. Ha poi proseguito questa attività con il marchio Gatza bei Eichborn e in seguito ha lavorato come editor presso Berlin Verlag e Suhrkamp. Il suo primo libro, Der Schatten der Tiere (2008), è stato elogiato dalla «Frankfutter Allgemeine Zeitung» come miglior romanzo d’esordio della stagione.

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