Incontro Catena Fiorello a Messina, alla libreria Ciofalo, alla presentazione di “Casca il mondo, casca la terra” (Rizzoli, pag.318, euro 17,00 ). Disponibile e briosa, Catena mi racconta la sua passione per la scrittura e tra una firma copie e un saluto ai tanti lettori che affollano la libreria, chiacchieriamo sul romanzo che, appena uscito, le ha già fatto vincere l’ambìto “Magna Grecia Award” che ritirerà il 30 marzo a Gioia del Colle.
Dal dolore di una donna per un tradimento del marito, il romanzo di Catena Fiorello si estende pagina dopo pagina ad un dolore più grande e affronta il tema dei rapporti familiari più intimi. Due famiglie a confronto, due donne rivali, due luoghi in cui si svolge la vicenda, due madri diverse eppure tanto simili: sono questi gli ingredienti di un plot abilmente costruito dalla scrittrice in cui ogni episodio si inserisce con delicatezza, con una scrittura fluida ma intensa. “Il sole fiacco scaldava ancora la città”, è un pomeriggio di fine ottobre e in via dei Condotti, Vittoria, la protagonista, comincerà a ricordare, a metabolizzare un dolore confrontandosi con un’altra donna, Laura, che le aveva rovinato la vita, “andata in frantumi, giù per terra e anche quella della sua famiglia”. Un sole, “quel sole che l’aveva accompagnata sempre” che diventerà, nello svolgersi della narrazione il sole della rinascita, della scoperta, della libertà, “sole, perchè la luce illuminasse quello che la penombra aveva ridimensionato, confondendo la vergogna e i peccati di una pusillanime mendicante”. Ma quante colpe ha veramente Laura? E quante invece scoprirà di averne avute Vittoria? Ed ecco che i luoghi diventano personaggi: Roma, la città “generosa, senza censure o pregiudizi provinciali” che rispecchia lo stile di vita desiderata e raggiunta da Vittoria e il suo opposto, il piccolo paese di Squinzano, dove vive Mimina Politi “una donna piccola, smunta, magra come una fanciulla cresciuta nei campi di concentramento”, la madre di Vittoria. Catena Fiorello racconta una storia che attinge situazioni e atmosfere dal Sud. Racconta esigenze, aspettative, privazioni, abusi, ma anche gioie, sogni, progetti che accomunano molti giovani che vorrebbero fuggire da una terra che offre poco e alla quale invece si resta legati fortemente, perchè la propria terra è madre.
Sei stata autrice televisiva, quando hai deciso di smettere e di dedicarti soltanto ai romanzi?
Ho smesso di fare l’autrice per la televisione perchè il mio ex editore, Cristina Dalai di Baldini & Castoldi, una persona che mi ha insegnato molto, mi disse che se volevo essere presa sul serio e intraprendere il mestiere di scrittrice seriamente dovevo soltanto concentrarmi su una cosa. Mi sono chiesta cosa volevo fare veramente e ho capito che quello che mi viene più naturale è scrivere, poi non so se mi riesce bene. Così ho scelto la mia strada.
Il tuo romanzo racconta la storia di una caduta. Ma poi la tua protagonista si rialza?
Sì, in verità siamo cadute insieme, Vittoria, la mia protagonista ed io siamo finite giù per terra insieme. Ho scritto il romanzo di notte, dopo la fine di una relazione. Io curavo il mio spasimo scrivendo e la mia protagonista fa altro. Ho scritto in cattività, però non c’è nulla di autobiografico. Forse l’unica nota autobiografia c’è nel mio precedente romanzo ed è la figura della nonna perchè assomiglia a mia nonna Catena. Ma io fortunatamente ho avuto un’infanzia diversa. No, in questo non c’è nulla se non forse un carattere simile a Vittoria nella tenacia e nell’intelligenza di saper ammettere i momenti dolorosi della vita.
Nel tuo romanzo molti personaggi hanno colpe, sbagliano. Per questo lo apri con un versetto di Luca?
Apro il romanzo con un versetto di Luca perchè credo che ci siano persone che peccano e che abbiano gravi colpe che però altri umani fanno fatica a giudicare perchè la visione del nostro giudizio è sempre limitata a qualcosa, appunto, di umano. Tutti sbagliamo e secondo me dietro la perfezione c’è qualcosa di brutto. Una persona troppo perfetta può essere un potenziale serial killer, non credi?”
Il fil rouge del tuo romanzo è la famiglia?
Sì, assolutamente. Si è detto e anche scritto che il mio è un romanzo sul tradimento, ma non è esattamente e solo questo. Certo, si apre con un tradimento e parla dell’ossessione di una donna, una moglie, per un tradimento ma nel libro si parla di una famiglia con le tragedie di una famiglia con i rapporti madri figli, mariti mogli. La mia relatrice a Roma, la professoressa Laura Faranda che è un’antropologa e studia le dinamiche dei corpi nella società ha notato che i miei personaggi sono corpi che manifestano tante cose, i sorrisi imbalzamati, i corpi rifatti e la tossicità delle persone.
Il romanzo si apre con due donne riflesse sul vetro di una vetrina. Sono messe allo specchio?O sono due volti della stessa donna?
Entrambe le cose. All’inizio Vittoria pensa che Laura incarna tutto ciò che lei non vorrebbe essere, ma ciò accade solo all’inizio, invece poi la trova più simile di quanto non pensi.
Ambientato a Roma ma c’è il mare e i luoghi del Salento povero. Stavolta niente Sicilia?
I luoghi sono importanti. Ho scelto il Salento perchè è simile alla Sicilia. Io lo conosco benissimo. Credo che si voglia fuggire da un posto che è geograficamente messo male e che ti offre poche possibilità e gratificazioni. Per la mia protagonista il posto in cui è nata , un paesino del Salento, è un luogo brutto da cui vuole fuggire. Ma nessun posto è brutto secondo me, dipende da come lo guardi e Vittoria è una donna piena di rabbia, ha un’infanzia infelice e quindi, se si guarda un luogo con gli occhi incattiviti dal dolore che hai provato lo vedi bruttissimo. Se invece lo guardi con affetto anche la bruttezza non esiste. Io dico sempre che sono siciliana ma abito a Roma. Pure se la Sicilia fosse il posto più brutto del mondo mi sentirei siciliana lo stesso.
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