Grazie Maddalena di aver accettato la mia intervista e benvenuta su Liberidiscrivere. Iniziamo con le presentazioni. Sei nata in provincia di Milano, ti sei laureata in lingue e letterature straniere, hai frequentato i corsi di scrittura creativa della scuola Holden.Oltre che libri scrivi recensioni di romanzi e mostre d'arte e redigi una rubrica sui gioielli d’epoca.Raccontati ai nostri lettori. Punti di forza e di debolezza. Chi è Maddalena Lonati?
Grazie a te per l’intervista. Sono una grande appassionata di letteratura e di arte in tutte le sue forme, e sicuramente una grande esteta nel senso più alto e complesso del termine. Il mio punto di forza e di debolezza coincide: sono eclettica. Questo mi porta per fortuna a ricevere ed elaborare molteplici stimoli contaminando più discipline e sperimentando, ma allo stesso tempo ad essere un po’ dispersiva, distraendomi fra i troppi elementi interessanti che vorrei approfondire.
Come è nato il tuo amore per la letteratura? Quali sono state le tue prime letture?
Ho avuto la fortuna di nascere in una famiglia di lettori, e quindi il mio approccio con la lettura è stato estremamente precoce e, soprattutto, naturale. I libri hanno sempre fatto parte della mia vita, sono una presenza per me irrinunciabile.
I primi libri in assoluto sono stati quelli in cartone della Walt Disney, con splendide illustrazioni e brevi frasi in caratteri molto grossi. Subito dopo sono seguiti tutti quelli di Gianni Rodari, ricordo in particolare “Favole al telefono”, e da lì è stato tutto un susseguirsi di letture, è una passione che non mi ha mai abbandonata.
Sebbene abbia sempre scritto, ed ogni romanzo mi abbia in qualche modo fornito degli stimoli e sia stato in un certo senso fonte di ispirazione, la prima vera folgorazione è arrivata con la lettura di “ Il ritratto di Dorian Gray”. La scoperta di Oscar Wilde è stata una grande emozione, l’ho amato profondamente sin dal primo istante.
Hai pubblicato il romanzo Decadent doll per i tipi di Prospettiva Editrice. Ce ne vuoi parlare?
“Decadent doll”, tratta di un tema impegnato, in quanto la protagonista è afflitta da schizofrenia e si trova ad affrontare tutta una serie di esperienze piuttosto estreme, tra le quali la prostituzione, il sadomaso, l’uso di cocaina durante il suo percorso di annullamento e di fuga dalla realtà mentre costruisce i suoi mondi paralleli nei quali rifugiarsi. Incapace di provare empatia emotiva con le persone si limita a studiarle ed analizzarle, è anestetizzata dai sentimenti sinché, grazie ad un’adeguata terapia psichiatrica e all’amore, non riesce a guarire, riappropriarsi dell’autostima ed apprezzare la normalità della vita che aveva rifuggito sino a quel momento.
Con Robin edizioni hai pubblicato L’apostolo sciagurato. Un libro di racconti apparentemente slegati che a sorpresa compongono le mille facce di un romanzo, di una storia unica e compiuta. Frutto di una scelta improvvisata o c’è qualcosa di più?
Il progetto di scrivere questo libro esisteva già da tempo sebbene alcuni dei racconti presenti fossero già stati pubblicati in precedenza su varie riviste. “L’apostolo sciagurato” è nato innanzitutto dall’esigenza di confrontarmi con una nuova sfida e sperimentare una struttura, un intreccio ed uno stile totalmente differenti rispetto al precedente romanzo, per me è infatti fondamentale percorrere nuove strade per mettermi alla prova ed imparare esercitandomi. Ho deciso così di non dedicarmi all’impostazione canonica del romanzo, ma di scrivere una raccolta di racconti che diviene romanzo perché tutte le storie sono collegate da un preciso filo conduttore, e tutti i racconti sono nati grazie alla particolare relazione erotica e cerebrale dei due protagonisti.
Come è nato il titolo? E’ un po’ un ossimoro. Cosa simboleggia?
L’apostolo sciagurato è l’unica definizione che viene data a quel Lui senza nome, chiamato così sin dalle prime righe perché il tredicesimo giunto a quella cena che cambierà per sempre la vita di Lei, e soprattutto perché è colui che la condurrà a compiere il proprio destino. E’ proprio questo il ruolo dello sciagurato, farle conoscere profondamente se stessa e liberarla dalle convenzioni ma, donandole la conoscenza e la consapevolezza, portarla anche a dannarsi e soffrire perché non potrà mai più accontentarsi di nulla nella vita.La sciagura inoltre non è rappresentata solo dalla sua assenza che scandirà il tempo di Lei negli anni successivi, ma anche dall’ossessione che Lui riuscirà a generare. Lei e Lui sono ossessionati l’uno dall’altra, è un’attrazione così totalizzante che è come se volessero fagocitarsi reciprocamente per divenire un tutt’uno, e questo rapporto così morboso genera sicuramente una sorta di prigionia. Eppure, paradossalmente, sono del tutto liberi di esprimere appieno se stessi e rivelarsi in ogni istante per ciò che sono davvero, senza mai censurarsi, senza mai porre freni o limiti ai propri desideri. E’ un’affinità elettiva così totalizzante che lascia spazio a tutto ciò che vogliono perché nulla può separarli, se non il loro eccessivo amore che li spaventa e diventa ingestibile.
La scrittura come sublimazione di un’assenza, di un amore metabolizzato e spiritualizzato. Anche per te la scrittura ha questa valenza o è stato solo un pretesto narrativo?
E’ un tema letterario che mi affascina e che ho desiderato affrontare per analizzarlo profondamente. Per me la scrittura ha molteplici valenze, è simbolo stesso di vita, necessità impellente e desiderio irrinunciabile. La mia è una raccolta-romanzo, pensata e strutturata per mantenere una solida coerenza interna e per scrivere del tema dell’assenza negli ambiti più diversi e con i risvolti psicologici più dissimili; sono intrigata da questo argomento, e così avevo deciso di trattarlo in modo un po’ inusuale, e declinandolo nelle situazioni più svariate nonostante rappresenti sempre il vuoto lasciato da Lui. Non è stato semplice mantenere sempre in ogni racconto questo filo conduttore e trattarlo ogni volta da una nuova angolazione, e soprattutto non rendere subito così evidente alla lettura quale sia la chiave che li unisce per lasciare una parte di sorpresa nel finale.
Nell’epigrafe del libro vengono citati i versi della poesia “Eterna presenza” di Salinas, ed era proprio questo il significato più profondo che desideravo conferire al romanzo: la passeggera corporea assenza che deve diventare possessione totale, eterna presenza.
E’ un romanzo che ha per tema l’amore, e i suoi mille volti: la seduzione, l’erotismo, la passione, il desiderio, l’ossessione. E’ così complesso questo sentimento? Il tuo essere donna quanto ha influito nel delinearlo?
Trovo sia il sentimento più complesso, profondo e pericoloso che si possa sperimentare, ed anche uno dei più affascinanti che si possano analizzare scrivendo. Lei e Lui vivono un amore assoluto, totalizzante, è come se si trovassero sulla cima di una vetta e per questo contemporaneamente sull’orlo di un baratro. Dell'Eros ho una visione profondamente legata al suo significato originario, per gli antichi greci rappresentava un'attrazione così forte ed incontrollabile, totalizzante, da indurre a perdere la ragione o distruggere.
Non credo di essere stata influenzata dal mio essere donna, quando scrivo cerco semplicemente di analizzare in profondità il tema che tratto, qualunque esso sia.
Utilizzi una scrittura sperimentale, destrutturata, surrealista e molto visuale. Associ spesso le cose ai colori: avorio, cannella, viola, blu, rosso. Come hai deciso questa scelta?
Cerco di stimolare tutti i sensi del lettore mentre creo, anche se di certo la vista rimane quello più facilmente percepito e sfruttato nella cultura contemporanea occidentale, per questo lo utilizzo ampiamente. Da sempre studio le arti visive, una delle mie maggiori passioni, da qui deriva il mio interesse verso i colori ed il loro simbolismo che veicolo per enfatizzare dei concetti. Vi è una grande potenza ed una lunga tradizione nell’uso dei colori, ed io cerco di attingervi. Talvolta il riferimento ad un colore, se ben utilizzato, può evocare e sintetizzare un concetto più di molte parole.
Il lavoro di ricerca sulla parola è molto meticoloso, di sapore vagamente barocco e decadente, quasi lo stesso lavoro che un poeta compie per cesellare le sue rime. Prosa e poesia sono così separate e inconciliabili?
No, non le trovo affatto inconciliabili, la mia prosa indubbiamente si nutre della musicalità della poesia, la trovo un punto di riferimento molto utile per trovare il giusto ritmo da adeguare alla narrazione e per evocare certe atmosfere, certe suggestioni. Le frasi, per essere davvero efficaci, necessitano di rigore nella scelta delle parole, eppure tutto quello studio non dovrebbe poi essere evidente nel corso della lettura, la prosa non deve rimanere soffocata dalla pesantezza dello sforzo ma risultare leggera e cadenzata. Mi è stato spesso detto che la mia prosa è tinta di poesia, e trovo che sia un grande complimento perché lavoro con dedizione sullo stile, il ritmo e la musicalità. Per me la forma è importante quanto il contenuto, e mi piace sperimentare modalità differenti di scrittura per mettermi alla prova ed apprendere.
Sempre parlando di poesia, quali sono i tuoi poeti preferiti?
Amo soprattutto i versi evocativi dei poeti maledetti, ne subisco il fascino irresistibile e ciclicamente mi capita di rileggerli rapita da quelle atmosfere. Sono una grande esteta e sono anche irrimediabilmente attratta da ciò che ha la forza di rompere gli schemi sperimentando nuove realtà, quindi non posso che amare Verlaine, Rimbaud, Baudelaire.
Per quanto riguarda gli italiani trovo di una musicalità ineguagliabile D’Annunzio, soprattutto ne “La pioggia nel pineto”, che sa incantarmi quanto una perfetta sinfonia.
Nell’epigrafe del libro vengono citati i versi della poesia “Eterna presenza” di Salinas, sono versi che già conoscevi o ti sono capitati per caso mentre ti documentavi per la stesura del libro?
Avevo già terminato di scrivere il libro, e da tempo stavo riflettendo sull’epigrafe da scegliere per sintetizzare al meglio il concetto di assenza vissuta come ossessione, dell’amore come necessità vitale che non può essere incrinato dalla lontananza corporea. Stavo ascoltando Radio DeeJay ed ho sentito Fabio Volo leggere i versi di “Eterna presenza”: è stata una folgorazione, ho compreso immediatamente che quella sarebbe stata la mia epigrafe.
Parlami del tuo processo di scrittura: Quali sono le ore del giorno in cui preferisci scrivere? Fai molte revisioni, riscritture? Scrivi di getto o dopo lunghe riflessioni?
Non ho mai creduto che si possa scrivere qualcosa di veramente valido e ben strutturato facendolo di getto. L’improvvisazione può esistere solo per l’idea iniziale dalla quale si è attraversati, ma dopo aver preso appunti in merito inizia il lavoro vero e proprio, fatto di dedizione e costanza. Sì, faccio innumerevoli revisioni, e non ho ore preferite durante le quali scrivere. Scrivo il più spesso possibile, anche durante la notte quando i processi creativi sono tendenzialmente più liberi.
Ti senti femminista? Pensi che una donna abbia una sua peculiare sensibilità e una visione del mondo? O non credi alle classificazioni uomo donna?
No, non mi sono mai sentita femminista e, in generale, detesto le classificazioni. Comprendo siano utili per comunicare dei concetti e sintetizzarli, ma qualunque classificazione mi venga rivolta tende a farmi sentire ingabbiata. Mi paiono troppo rigide e poco attinenti alla mia personalità complessa che necessita di fluttuare esprimendosi contemporaneamente su più fronti, talvolta anche apparentemente contraddittori.
Hai mai avuto il blocco dello scrittore? Cosa hai fatto per superarlo?
Sì, purtroppo mi è capitato più volte, come probabilmente a quasi tutti gli scrittori. E’ uno dei maggiori incubi per chi crea, e l’unico modo per esorcizzarlo credo che sia continuare a lavorare, senza farsi ossessionare. La scrittura è composta di tante fasi, non solo di pura creazione, ma anche di ricerca, studio, esercizio, appunti, revisioni e molto altro. In quei momenti di blocco è importante concentrarsi su questi altri punti senza costringersi a trovare nuove idee che non arrivano. Con il tempo, all’improvviso, il blocco scomparirà spontaneamente.
Puoi parlarmi del tuo rapporto con gli editori?
Ho un buon rapporto con gli editori, fatto di stima e collaborazione reciproca. E’ indispensabile lavorare in sinergia e su più fronti per promuovere i libri e cercare di diffonderli, compito sicuramente non facile.
Che libro stai leggendo attualmente?
Leggo di continuo, in genere alternando più libri. In questo momento mi sto dedicando a “La mandorla” di Nedjma, “ Ritratto di un ragazzo da buttare alle ortiche” di Djaidani, e “Belli e dannati” di Fitzgerald.
Quale è in assoluto il libro che ti ha più sconvolta, commossa, indignata?
Direi il “ De profundis” di Oscar Wilde, un libro di un’intensità ed una profondità sconvolgenti, una lunghissima lettera scritta all’amante durante gli anni di prigionia e che narra di tutta la sua sofferenza e del suo amore.
Hai un blog, un sito? Come possono i tuoi lettori mettersi in contatto con te?
No, per ora non ho né blog né sito, ma non escludo di crearne uno in futuro. Per ora mi farà piacere incontrare i lettori, quando possibile, durante le presentazioni dei miei libri. Trovo sempre molto interessante avere un contatto diretto ed ascoltare le loro opinioni.
Parlaci dei tuoi progetti futuri.
Entro giugno uscirà un mio nuovo libro, “In bianco e nero”, che narrerà di erotismo, di arte e di ossessione secondo schemi e prospettive piuttosto inusuali. E’ anche questo un lavoro abbastanza sperimentale, nel quale mi sono voluta confrontare con una nuova sfida. E poi proseguirò a scrivere recensioni, a redigere la rubrica sui gioielli d’epoca, e ad intervenire a varie trasmissioni radiofoniche e televisive nel corso delle quali parlerò d’arte, letteratura e ovviamente di gioielli d’epoca. Alcune di queste interviste saranno visionabili su youtube digitando il mio nome. Invito inoltre i lettori a guardare il booktrailer, che sintetizza efficacemente in pochi istanti “L’apostolo sciagurato”.
http://www.youtube.com/watch?v=nSrssJfvIts&feature=fvsr
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