:: Intervista con Ugo Mazzotta

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ugo mazzottaBenvenuto Ugo su Liberidiscrivere e grazie per aver accettato la mia intervista. Come tradizione la prima domanda è dedicata alle presentazioni. Iniziamo da quello che so io di te: sei nato a Napoli nel 56, oltre che scrittore sei anche medico.Vuoi aggiungere qualcosa, magari qualche lato del tuo vissuto più privato?

Ho un carattere schivo, non parlo facilmente di me. Ho una vita normalissima, sposato, tre figli; mi piace molto andare in moto, la uso tutti i giorni con ogni condizione meteorologica e anche se ormai mi serve quasi solo per andare e tornare dal lavoro, quelle due mezze ore al mattino e alla sera sono momenti che cerco di godermi. Amo la musica – non quella "di famiglia", mio padre era un musicista classico – strimpello chitarra e pianoforte, ho una passione per le canzoni della mia adolescenza: i Beatles su tutti ma non solo, mi piace molto il pop, il rock, il beat italiano, la british invasion… le epigrafi dei miei romanzi sono versi di quelle canzoni, che sono anche quelle che ascolta il mio commissario.

Bruno Mazzotta, tuo padre celebre musicista e compositore. Che ricordo hai di lui?

Ricordi ne ho tanti, difficile sceglierne uno… Ho un rimpianto che lo riguarda (e riguarda anche mia madre, che se ne è andata via prima di papà): ho cominciato a scrivere e a essere pubblicato dopo la loro scomparsa e questo è sempre stato un pensiero doloroso, sono certo che sarebbero stati contenti.

Raccontaci un aneddoto curioso, tenero che lo riguardi.

Una cosa che mi capita di tanto in tanto ancora adesso. Mi succede di incontrare persone che mi chiedono se sono il figlio di Bruno Mazzotta e quando rispondo di sì mi raccontano di essere stati suoi alunni al Conservatorio, mi dicono che era un grande Maestro e quanto lo rimpiangono. Ogni volta mi inorgoglisco e un po' mi commuovo; papà amava la musica ma soprattutto viveva per l'insegnamento.

Come è nata in te la passione per la scrittura?

Non lo ricordo nemmeno più. Da ragazzo ho provato a scrivere e disegnare fumetti, a comporre canzoni, il primo romanzo (rigorosamente "à la Christie" e rigorosamente da non tirar fuori dal cassetto!) l'ho scritto intorno ai vent'anni. Poi per parecchi anni mi sono dedicato ad altro ma ricordo di aver sempre pensato, davanti a una scena suggestiva o trovandomi in situazioni particolari, come avrei raccontato quella scena o situazione se avessi dovuto scriverla. Insomma credo che il desiderio di raccontare storie mi abbia accompagnato più o meno per tutta la vita.

C’è qualcuno che ti ha particolarmente aiutato anche solo con consigli e incoraggiamenti all’inizio della tua carriera che vuoi ringraziare?

Tecla Dozio, direttrice editoriale di Todaro Editore. Per chi si interessa di narrativa gialla lei è un mito, e quando ho saputo che le era piaciuto quello che sarebbe diventato il mio secondo romanzo sono stato davvero felice.

Hai esordito nel 2002 nella narrativa con il romanzo Commissariato di Polizia "La Bella Napoli", col quale hai vinto la sezione opere inedite del premio Tobino. Come sei arrivato alla pubblicazione?

Nel modo più semplice: mandando all'editore il manoscritto. L'avevo mandato a diverse case editrici, piacque a un redattore della Marco Valerio di Torino, che in quel periodo da casa editrice di saggistica voleva provare a cimentarsi anche con la narrativa, e lo pubblicarono.

Hai pubblicato fino ad oggi numerosi  romanzi: Commissariato di Polizia 'La Bella Napoli', Il segreto di Pulcinella, Indagine privata, L'avvocato del diavolo, La stagione dei suicidi. Raccontaci per ognuno di essi una frase che lo caratterizza.

Lo faccio con delle citazioni. La Bella Napoli: "Per un po' di tempo non riuscì a distogliere lo sguardo dal cadavere. Quella era una persona; era stata una persona". Il segreto di Pulcinella: "L'avambraccio destro, trattenuto dai legni che reggevano la scena del teatrino, puntava verso l'alto, la mano ancora inguantata in un burattino. Un Pulcinella che, incurante gli schizzi di sangue che gli imbrattavano la casacca bianca, fissava sardonico Prisco" . Indagine privata: "Era l'unica rimasta viva. L'hanno chiamato l'eccidio di Sassoletto, ma sono solo parole. Quella cosa lì non era un 'eccidio' o una 'strage'. Era come sapere che il diavolo ti guarda di nascosto tra gli alberi e non avere il coraggio di alzare gli occhi". L'avvocato del diavolo: "C'è sempre qualcosa di osceno nella morte (l'incipit)". La stagione dei suicidi: "Per la prima volta da molto tempo ebbe paura dei giorni che l'aspettavano (il desinit)".

Andrea Prisco è il protagonista principale dei tuoi romanzi. Come si è evoluto nel tempo?

Ha perso un po' della leggerezza degli inizi. Nell'ultimo romanzo è più cupo e nel corso della narrazione perde i suoi punti di riferimento, naviga per così dire a vista sia per quanto riguarda la vita privata che il lavoro. E in entrambi i campi alla fine della storia si trova davanti a un bivio.

Proust assaggiando una madeleine si sentiva travolto dai ricordi. Quale senso evoca di più in te la memoria e la creatività: il gusto, il tatto, l’odorato, la vista?

L'odorato, senza dubbio. Ancora adesso se sento profumo di resina mi ritrovo in un labirinto di siepi di bosso che quando ero ragazzo era una delle attrazioni della spiaggia del Poetto, a Cagliari. E se sento l'odore della canfora mi ricordo la crema da barba che usava mio padre, il Prep e rivedo il tubo giallo e blu nell'armadietto del bagno.

Quanto l’ambientazione influisce sulla creazione dei tuoi personaggi? I tuoi noir privilegiano un’ ambientazione prevalentemente provinciale: le trame si svolgono in una immaginaria valle appenninica che corrisponde nella realtà all'Alto Sangro. Perché non hai scelto una grande metropoli come per esempio Napoli?

La scelta dell'ambientazione nasce da considerazioni pratiche. Quando decisi di scrivere il primo romanzo sapevo di doverlo ambientare in luoghi conosciuti, trovo sempre piuttosto false le storie ambientate in località straniere (specialmente quando si capisce al primo paragrafo che l'autore quelle località le ha visitate solo su Internet!) e decisi di utilizzare l'Abruzzo, dove passo lunghi periodi di villeggiatura da anni, piuttosto che Napoli. Questo perché la mia città natale mi sembrava troppo "invadente" rispetto alla storia, avrebbe rubato la scena ai personaggi; e anche perché mi sentivo più a mio agio, da esordiente, con un'ambientazione più defilata, uno scenario suggestivo e non una realtà complessa come quella di una metropoli.

Hai collaborato come soggettista e sceneggiatore alle fiction televisive R.I.S. – Delitti imperfetti e R.I.S. Roma – Delitti imperfetti. Com’è lavorare per la televisione?

Divertentissimo! Ho iniziato nel 2006 ed è stata un'esperienza entusiasmante e molto istruttiva. Ovviamente lì è tutto diverso rispetto al lavoro per i romanzi, si scrive su commissione, sapendo che il tuo lavoro deve incastrarsi in quello di un gruppo e seguire logiche decise da altri. Il tutto spesso con tempi strettissimi
e scadenze ansiogene. Però è anche molto gratificante sapere che collabori con una delle fiction più seguite in Italia e quando l'anno scorso, dopo tre anni di soggetti, sono passato alla sceneggiatura di un intero episodio, beh è stato un bel momento. Forse è un po' infantile da parte mia (alla mia età poi!) ma vedere il tuo nome nei titoli di testa, sapere che i dialoghi che gli attori stanno recitando e che milioni di spettatori stanno ascoltando li hai scritti tu è una gran bella soddisfazione.

Parliamo del tuo processo di scrittura. Come passi dall’idea imbastita ancora solo nella mente alla prima stesura del romanzo. Sei un perfezionista, rivedi molte volte il testo prima di considerarlo la stesura definitiva?

Tutto comincia con uno o due spunti principali, le idee forti della storia. In genere il luogo o la modalità del delitto, o il personaggio principale. Attorno a quegli spunti costruisco pian piano la storia, aggiungendo le vicende collaterali, i depistaggi che devono distogliere l'attenzione dalla trama principale, le storie personali dei protagonisti. Nei primi romanzi tutto succedeva abbastanza disordinatamente, aggiungevo  alla trama tasselli su tasselli e via via li traducevo in capitoli, senza una scaletta predefinita. Gli ultimi due romanzi, l'ultimo pubblicato e il prossimo, hanno avuto una genesi diversa, è venuta prima una scaletta vera e propria. Per scrivere uso un programma specifico per la scrittura creativa su un Macintosh (ma più della metà del prossimo romanzo è stata scritta su un iPad), alla fine  stampo una prima stesura che rivedo almeno una o due volte (ma anche tre..) sia per controllare la struttura della narrazione che la scrittura vera e propria. Naturalmente anche durante la prima stesura capita che un capitolo o un paragrafo lo rilegga e lo riscriva più volte, mentre altri scappano via veloci dalle dita.

Oltre che romanzi scrivi anche racconti. Quale è il segreto per un buon racconto?

Credo soprattutto un'idea forte. Secondo me la vera differenza tra romanzo e racconto non sta tanto nella lunghezza quanto nel fatto che il romanzo è costruito su più idee, alcune più forti altre meno, con un ritmo più variabile; il racconto è una singola idea, forte, che deve catturare il lettore e non lasciarlo fino alla fine.

I tuoi personaggi nascono dalla realtà? Sono figli, frammenti, di persone che hai conosciuto o a che anche solo hanno incrociato il tuo cammino?

Qualcuno sì, soprattutto i comprimari e soprattutto da un punto di vista fisico. Del commissario Prisco non ho nemmeno un'immagine mentale, non so com'è fatto. La sua compagna, Agnese, fisicamente è ricalcata sulla figura di Fiorella Mannoia, una cantante che ammiro moltissimo. Altri personaggi hanno l'aspetto di persone che conosco, gente che incontro per lavoro… altri ancora sono stati ispirati da persone incrociate per strada (non si dovrebbe fare e non dovrei rivelarlo, un paio di volte ho fotografato di nascosto col cellulare sconosciuti che poi hanno prestato la loro immagine ai miei personaggi).

Cosa ami leggere di più nel tuo tempo libero? Quali sono i tuoi autori preferiti? Cosa stai leggendo in questo momento? 

Negli ultimi mesi ho letto molto poco perché ero impegnatissimo a scrivere il prossimo romanzo. Leggo quasi esclusivamente narrativa di genere, è quella la mia passione. L'ultimissimo libro che ho letto e che mi è piaciuto davvero molto è stato "La legge di Fonzi" di Omar Di Monopoli, un piccolo gioiello.

Progetti per il futuro?Puoi anticiparci qualcosa in esclusiva per Liberidiscrivere?

Sto finendo (e rifinendo) il mio prossimo romanzo. Una sfida importante perché, oltre ad avere un nuovo personaggio principale (il commissario Prisco lo ritroverò in un altro romanzo che per ora è a livello embrionale) è scritto in un modo un po' diverso dal solito ed è ambientato a Napoli, il che ci riporta alla domanda precedente a proposito dell'ambientazione delle mie storie. Ho tante idee che mi piacerebbe realizzare, ripetere l'esperienza di sceneggiare un fumetto, scrivere un noir teatrale, insomma ho molti più progetti che tempo per metterli in pratica…

2 Risposte to “:: Intervista con Ugo Mazzotta”

  1. Avatar di Sconosciuto utente anonimo Says:

    Ugo mi piace molto 🙂
    Ha stile, sa scrivere, ha storie da raccontare ed è una bella persona.
    Inoltre l'età e il curriculum professionale lo rendono adatto al "salto di qualità" verso un pubblico più ampio 🙂
    Gli auguro un mondo di fortuna anche qua (bell'intervista, tra l'altro).

    Ciao,
    A.

  2. Avatar di Sconosciuto UgoEmme Says:

    Grazie Ale  

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