“Ma che felicità poteva esserci per uno come lui? Morbosamente sensibile e schiavo di un’indole sempre più ondivaga”, con queste poche parole l’autore tratteggia un mondo interiore, forza del Poeta e al contempo disgrazia dell’Individuo, l’universo di un’anima che ha innovato la poesia occidentale regalando al mondo versi eterni.
Ripercorrendo l’ultimo periodo della breve vita del poeta, Elido Fazi ne scandaglia anche l’evoluzione e la crescita psicologica, ne mette in luce la tenacia di fronte alle avversità della sua vita, e al lettore ne lascia un ricordo vivido, un esempio fulgido di eroe romantico con sorprendenti tratti di modernità: Keats non si crogiola nell’angoscia, non perde di vista mai troppo a lungo la realtà, è determinato a tentar di raggiungere la perfezione artistica ma non si abbandona con voluttà al tormento, ben saldo nella sua consapevolezza anche morale: “Detto questo,” scrive al fratello George “non pensare che mi consideri un infelice. Non permetterò mai che ciò accada. Anzi, finalmente riesco a pensare con piacere alle mie responsabilità, soprattutto a quelle nei tuoi confronti, e prima che a te farò un grandissimo regalo a me stesso, se riuscirò in qualche modo ad esserti d’aiuto”.
Sempre combattuto, diviso tra il desiderio di una vita serena e felice e la sua stessa indole di artista votato ed inevitabilmente destinato al Bello (“Bellezza è verità, verità è bellezza. Questo solo sulla terra sapete, ed è quanto basta”), non riuscirà mai purtroppo a conoscere quale fama e quale gloria la storia gli abbia attribuito, tanto che, come ci riporta l’autore, sul finire della sua breve vita scriverà “Se morissi ora, dico a me stesso, non lascerei nessuna opera che sia degna di sopravvivermi, niente che possa rendere i miei amici orgogliosi della mia memoria. Eppure ho amato il principio della bellezza in ogni cosa, e se ne avessi avuto il tempo sarei riuscito a farmi ricordare”.
Elido Fazi ha omaggiato la figura di John Keats donando anche al lettore di oggi una figura complessa e moderna, permettendo a chi ha amato da sempre il Poeta di dare uno sguardo all’Uomo, che, malato ed in fin di vita, è ancora pronto a lasciare un’immagine di pura bellezza e serenità, che permette di ammirare la semplicità dell’animo superiore dell’Artista, così in contrasto con l’altisonante e a tratti aristocratica cerchia di altrettanto importanti autori dell’epoca che nell’opera sono magistralmente pennellati attorno al protagonista:
“E’sorprendente, ma l’idea di lasciare questo mondo rende ancora più profondo in noi il senso delle sue bellezze naturali. Come il povero Falstaff, anche se non balbetto come lui, penso ai prati verdi. Medito con il più grande affetto su ogni fiore che conosco dall’infanzia. Le loro forme e i loro colori mi sembrano così nuovi, quasi li avessi appena creati io con fantasia sovrumana. Probabilmente è perché sono legati ai momenti più felici e ingenui della nostra vita. Ho visto fiori di paesi stranieri delle specie più meravigliose nelle serre, eppure non me ne importa niente. Gli unici fiori che voglio vedere sono quelli semplici della nostra primavera.”
I turbamenti, i pensieri di John Keats sono autentici, vivi, struggenti ed facile è provare empatia e malinconia leggendone l’elaborazione; l’amore del protagonista per Fanny è decisamente anti convenzionale e peculiare, capace di ispirare i versi senza tempo che danno il titolo all’opera, davvero pregevole a mio parere, di Elido Fazi.
Elido Fazi, Bright Star – La vita autentica di John Keats, pagg. 281, euro 15,00, Fazi Editore, 2010.
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