Salve Manuela a un anno di distanza dalla nostra prima intervista cosa è cambiato?
Tutto e niente. Continuo a fare la giornalista, a scrivere libri – è appena uscito il quarto che si intitola Guardie, ladri e tracciatori – e continuo anche a sognare, ma attorno a me ho visto mutare molte cose: il 2009 è stato – nonostante la crisi globale – un grande anno di cambiamenti per molte persone. E personalmente reputo i cambiamenti spesso, se non sempre, positivi.
Stai scrivendo attualmente un nuovo libro?
Ne ho altri due già finiti che stanno riposando nel cassetto. Per uno dei due, comunque, ho già avuto una presa di contatto da parte di una casa editrice che vorrebbe incontrarmi a settembre, mentre l’altro devo ancora iniziare a farlo girare. Nel frattempo ho iniziato un nuovo libro… ma per ora è ancora soltanto nella mia mente. Penso di partire a scrivere le prime righe in autunno.
Che libro stai leggendo al momento?
Mi sto leggendo tutti i volumi usciti con L’Espresso, due o tre anni fa, e che raccolgono l’intero lavoro di Hugo Pratt su Corto Maltese. Rileggere queste opere d’arte letteraria nella corretta sequenza cronologica è stupendo. Ho appena finito il quinto volume e, per fare una pausa, da un paio di giorni mi sono buttata su Larsson.
Che cosa ne pensi, quindi, del fenomeno letterario della trilogia di Millenium, appunto, di Stieg Larsson?
Per ora sono arrivata solo a metà del primo volume, quindi non posso giudicare l’intero lavoro. È vero che ha una grande capacità descrittiva. Pur non creando tensioni particolari (almeno fino a questo punto della lettura) è già riuscito comunque a catturare la mia attenzione. Certo a volte vien da pensare che molti dettagli sono addirittura eccessivi. Eppure Larsson riesce a non rallentare il ritmo della storia, giacché il tempo scandito rimane lo stesso. Tuttavia ammetto che ero un po’ scettica. Non sapevo davvero se leggerlo oppure no. Ma non per quel mal comune che porta molti a giudicare un’opera in maniera proporzionalmente inversa rispetto al suo grado di notorietà: non sopporto certe logiche viziate. Ma solo perché diversi amici, dopo averlo letto, mi avevano messa in guardia su alcune scene “violente”…
Non ti piace il genere noir?
In effetti, non riesco a digerire bene alcuni argomenti. Come nel caso della Millenium trilogy. Alla fine, dopo parecchio tempo, ho comunque deciso di tentarne la lettura, ma con la ferma intenzione di saltare certe descrizioni. Proposito che invece non sono riuscita a rispettare. Ciò mi ha già portato a trascorrere almeno due giorni da infuriata: ebbene, sì, somatizzo ogni forma d’arte. Se una musica mi spaventa, rimango angosciata per ore (mi era successo con la colonna sonora di Profondo rosso, ascoltata in auto…). Se un libro mi fa innervosire, rimango scontrosa. Se una statua o un quadro mi terrorizzano, passerò una settimana a guardare sotto il letto prima di coricarmi. Se un film mi rasserena, sarò felice per l’intera giornata. Ecco il motivo per cui non amo il noir, che distinguo in modo categorico da altri generi come il giallo e il thriller. Oggi è, infatti, abbastanza comune mettere tutto nello stesso pentolone. Per molti, il noir sembra semplicemente un termine che è andato a sostituire un ex-moderno thriller, che a sua volta aveva preso il posto del vecchio giallo. Per quanto mi riguarda sono generi così diversi che mi portano ad affermare che amo (ma davvero) il giallo investigativo e poliziesco (Larsson rientra per ora in questa categoria, e non certo nel noir), e mi piace molto anche il thriller, ma non sopporto il noir. Inteso come espressione del lato oscuro del criminale. Dove non importa l’analisi razionale o psicologica dei personaggi, ma piuttosto viene messo in risalto il gusto di animale impulsivo, perverso o sadico dell’assassino; dove non ha valore il lato investigativo se non solo per creare l’occasione di introdurre suspense. Dove il sangue, le parti del corpo mutilate, seviziate, bruciate o venerate in modo lascivo, sono l’intreccio di base, poco importa la storia. Già… a volte mi sento di affermare che la differenza fra il noir e gli altri generi della sottocategoria, quelli citati prima, sia la stessa che passa tra il porno e l’erotico. Un abisso! E se l’erotico può avere classe e uno sviluppo creativo, il porno è nutrimento per i porci. Mi scusino gli amanti del genere…
C’è un autore esordiente che segnaleresti ai nostri lettori?
Ce ne sono così tanti… sia di esordienti sia di emergenti, che alla fine non saprei chi scegliere. E forse sarebbe anche ingiusto farlo. O meglio, essendo io un’esponente della categoria, non dovrei permettermi di stilare classifiche sui miei colleghi.
In Italia viviamo in un periodo di crisi, anche in Svizzera è lo stesso e come si riflette nel mondo letterario
Sì, in Svizzera è lo stesso. Anzi, a volte mi chiedo se non siamo messi pure peggio. Basti pensare alle grosse tensioni tra America e l’Unione delle Banche Svizzere, oppure ai tanti disoccupati prodotti dallo stallo dei mercati che hanno paralizzato molte aziende: di piccole dimensioni se si considerano le realtà internazionali, e quindi maggiormente deboli. C’è molta crisi e si sente. Forse non tutti sono stati toccati, ma molti si sono ritrovati davvero in cattive acque. Come si riflette questa crisi nel mondo letterario? Non saprei rispondere a questa domanda perché non frequento ambienti letterari. Ma posso dire il mio punto di vista: forse questo potrebbe essere il momento di rispolverare un po’ di ottimismo e messaggi positivi, e quindi, proprio in quegli ambienti, invece di premiare sempre e solo quelle espressioni artistiche che puntano a svelare i lati oscuri di vite semplici e sofferte, si potrebbe dar risalto ad altre opere, a costo di venir accusati di promuovere letteratura leggera…
Quali sono gli scrittori emergenti svizzeri?
Beh, il termine “svizzeri” è un po’ fuorviante. Come sai la Svizzera si suddivide in ben quattro regioni linguistiche, ma personalmente mi interesso di e leggo solo pubblicazioni italofone, quindi posso rispondere in merito a chi sono gli scrittori emergenti della svizzera italiana.
In tal caso va detto che sono davvero molti gli scrittori che pubblicano o hanno pubblicato libri in Ticino. Tralasciando la vecchia guardia, di recente ha fatto parlare molto di sé Andrea Fazioli, di cui a giorni uscirà il suo terzo libro, con Guanda. Un altro di cui si è parlato è Francesco Sergi, che nel 2007 vinse il Campiello giovani come migliore opera straniera, anche se non mi risulta che abbia già esordito con un suo libro. Mentre tanti altri fanno parlare un po’ meno, ma forse solo perché è difficile farsi notare dalla stampa e qui la lista si allungherebbe a dismisura: Daniele Dell’Agnola, Maurizio Rotanzi, Claudine Giovannoni, Adriano Cavadini, Matteo Pelli… e poi… beh… ecco… ci sarei anche io.
Ti piace Shakespeare?
Lo adoro, adoro la sua molteplicità di temi e stili che anche simultaneamente vengono espressi nelle sue opere teatrali. Adoro quella sua ironia, che non manca neppure nella tragedia più grande, così come trovo fantastico il suo gusto comico quando si trasforma in grottesco con quegli accenti popolari che permettono di rendere ancor più viva la scena. Per non parlare della sua straordinaria capacità di indagare sentimenti, destini, logiche degli istinti umani, degli individui tutti, che trovano degli archetipi nei suoi personaggi.
Sei femminista? Pensi che nel mondo letterario ci sia tanto maschilismo?
Ritengo il femminismo, come il maschilismo, e molti altri movimenti, dei fenomeni estremi. Io amo la via di mezzo. Non sopporto gli estremismi di nessun genere. E se già i termini stessi sono “estremi” aggiungere anche “tanto” li rafforza in modo infinito: no, non lo penso.
Parlami della tua città vi ambienteresti mai un libro?
Non ci crederai ma, tranne “Un gigolo in doppiopetto”, gli altri libri sono tutti ambientati, se non totalmente, almeno in parte nella mia città…
Per te è più difficile delineare i personaggi o le ambientazioni?
Dipende. A volte mi sorprende veder un personaggio prendere forma, altre non riesco a caratterizzarlo come vorrei, e allora lo metto in secondo piano. Lo stesso vale per le ambientazioni… ma capita anche che dipenda dal tipo di libro che scrivo. Nel primo non ho voluto descrivere le persone, o almeno non più di tanto, perché volevo lasciare tutto sul piano dell’immaginazione: L’angelo apprendista, infatti, è un viaggio onirico, e come tale, a volte, i personaggi non si vedono neppure… Di Un caffè a Kathmandu, ho voluto invece puntare molto sull’ambientazione perché quel che volevo far emergere era il Nepal… al di là della storia. Nel caso di Un gigolo in doppiopetto, ho puntato tutto sul personaggio principale, giacché era la sua storia quel che importava e quindi degli altri personaggi non mi sono curata troppo. Guardie, ladri e tracciatori rispecchia invece molto di più la struttura classica: ho cercato di mettere tutto sullo stesso piano sia ambientazione sia personaggi, perché in questo caso l’intreccio narrativo, l’avventura non mirava tanto a veicolare un messaggio forte, ma voleva proprio raccontare una storia. Il prossimo di cui ho già parlato all’inizio (sarà un giallo d’impronta classica) punterà moltissimo sui personaggi, sui loro profili psicologici, e quindi mi sono concentrata al massimo sulla loro caratterizzazione. Insomma, dipende…
Hai poi tradotto in tedesco “Un gigolò in doppiopetto”?
Chi si è preso a carico questo arduo compito (non essendo professionista) mi ha confidato che è molto più difficile di quel che pensava… quindi ancora nulla.
Se facessero un film dei tuoi libri ne saresti felice?
Vuoi scherzare? E chi non lo sarebbe…?
Hai un sogno nel cassetto? Per una scrittrice che importanza ha il successo?
Più di uno. Come tutti (mi auguro). Ma il massimo sarebbe poter guadagnare a sufficienza per mantenermi con la vendita dei libri (insomma diventare professionista) per poter avere il tempo di continuare a scriverli. Ma soprattutto per avere il tempo di fare con calma e in modo più approfondito le tante ricerche che servono per produrre buoni libri, e non solo libri… e vale lo stesso discorso per scrivere senza interruzioni, così da non perdere il filo dei ragionamenti. Perché alla fine è questo il vero problema di un emergente. La differenza tra un autore professionista e uno che può scrivere solo alla sera dopo otto ore di lavoro, o durante i finesettimana, quando ci riesce. Ecco il motivo per cui è importante il successo: per avere il tempo di poter scrivere meglio…
Come ti documenti per la stesura dei tuoi libri, usi molto internet o preferisci frequentare biblioteche?
Le biblioteche le frequento piuttosto per scrivere gli articoli d’approfondimento. Mi servo, infatti, di quei libri storici di cui non si trovano tracce in Internet. Lo stesso ragionamento lo faccio anche quando scrivo libri. In genere utilizzo Internet, ma ad esempio per la stesura di Guardie, ladri e tracciatori, sono stati fondamentali due libri presi in biblioteca e di cui ne parlo in modo esteso all’interno della storia stessa. Tornando a internet – detto tra noi – spesso preferirei andare a prendere le informazioni che mi servono direttamente dall’artigiano, piuttosto che dal negoziante di armi. Oppure visitare una regione per poterla descrivere in modo più appropriato e sentito… ma, come si diceva prima, bisogna avere il tempo per farlo.
Parlami del tuo metodo di scrittura scrivi di getto, fai molte stesure?
Scrivo di getto. Credo che potrei essere indicata come una scrittrice compulsiva. Il giallo che conta circa 200 pagine e che potrebbe diventare il quinto libro della mia produzione, l’ho scritto nel tempo libero rubato a tre settimane lavorative.
Ti piace la poesia? Quali sono i tuoi autori preferiti?
Uhm… non ho un buon rapporto con la poesia. O meglio, ritengo la maggior parte delle poesie così personale e intima che mi scoccia pensare che la si possa condividere. Sorry. In ogni caso ce n’è una, un classico, che mi è entrata sottopelle e non riesco a non pensarci di tanto in tanto: Ed è subito sera di Salvatore Quasimodo.
Collabori ancora con Apeiron?
Fin quando Un caffè a Kathmandu verrà venduto, sì, la collaborazione continua. Proprio qualche mese fa io e un portavoce di Apeiron siamo stati ospiti a Cento per una presentazione del libro (Foto allegata).
Trovi interessante il teatro, hai mai pensato di scrivere testi teatrali?
Mi piacerebbe goderne un po’ di più (ma costa un sacco andare a teatro). In ogni caso, beh, devi sapere che uno dei miei libri preferiti è il monologo teatrale intitolato Novecento di Alessandro Barico: è semplicemente straordinario. Ma non credo assolutamente di essere all’altezza di scrivere testi teatrali, anche se più d’una volta ho pensato che L’angelo apprendista potrebbe essere l’unico dei miei libri ad adattarsi per una trasposizione.
Fai viaggi all’estero, qual è l’ultimo posto dove sei stata?
Sì, amo viaggiare. L’ultimissimo posto in cui sono stata è Venezia (sono tornata ieri dopo una follia di mezza estate). Un paio di mesi fa sono stata invece una settimana a Tropea in Calabria. Anche se con il termine viaggi in genere io mi riferisco piuttosto a quelli fuori Europa. Quindi direi che l’ultimo paese visitato è stato il Kenya, un po’ meno di un anno fa. Amo il sud del mondo.
La fotografia è ancora un tuo grande amore?
Come si possono dimenticare o accantonare i grandi amori? Anche in questo caso è comunque questione di tempo…
Quali lettori preferisci? Intrattieni corrispondenze con i tuoi lettori?
È meglio dirti quelli che non preferisco: sono i “lettori” che giudicano il tuo libro prima ancora di leggerlo!
E… sì, se un lettore mi scrive (lasciandomi un recapito), il minimo che posso fare è rispondergli. È già capitato più volte, e posso assicurare che ricevere una lettera di un lettore sconosciuto fa molto piacere.
Ami la letteratura underground?
Uhm… la cultura underground si basa su un movimento alternativo, ma pur sempre movimento… No, non amo chi si copre le spalle dietro un movimento. Il discorso è uguale a quello fatto per il femminismo o il maschilismo… solo che in questo caso, lo associo ancora di più alla politica, intesa come sistema: e io non amo la politica, perché non amo i sistemi, come non amo i movimenti.
Ami i libri di fantascienza? Di Asimov che ne pensi?
No, non è il genere che preferisco, o meglio finora non ne sono stata attratta. Ho letto solo un libro di fantascienza, e non ricordo più neppure il titolo. Ragione per cui non ho mai letto Asimov, quindi non posso esprimermi in merito.
Scrivi solo romanzi a o anche racconti?
Ho cominciato a scrivere romanzi (li preferisco), ma nel frattempo ho scritto anche una ventina di racconti, quasi sempre, però, solo allo scopo di partecipare a qualche premio letterario: mi hanno detto che non vanno snobbati e io seguo i consigli. In effetti un paio di racconti sono stati anche selezionati: due sono finiti in altrettante antologie, e uno è stato segnalato dalla giuria come meritevole di attenzione. Ne ho comunque ancora alcuni in fase di concorso…
Ascolti musica mentre scrivi?
No. A dire il vero è da parecchi anni che non ascolto musica in generale. Il punto è che mi distrae profondamente. Amo ascoltare le canzoni non tanto per la musica, ma per le parole. Mi sembra l’espressione che maggiormente mi permetta di apprezzare una forma di poesia più globale. Infatti prediligo la musica italiana o spagnola, proprio per il fatto che capisco quel che dicono. Come potrei ascoltare una canzone e contemporaneamente scrivere? Sarebbe come leggere una poesia e pretendere di scrivere qualcos’altro allo stesso momento. O faccio una cosa, o l’altra.
Come ti vedresti da qui a un anno?
Ahimè, temo che sarò allo stesso punto in cui mi trovo ora, fuorché non accada un miracolo: quello che mi permetterebbe di coronare il mio sogno. In quel caso la mia vita, in un certo senso, verrebbe completamente stravolta. E io, in fondo, mi sto preparando già da un po’ di tempo per assorbire il colpo 😉
Chissà forse un giorno si realizzerà davvero…
Manuela Mazzi di certo non è più adolescente, anche se ad alcuni piace definirla un po’ naif. In realtà è nata a Locarno (Svizzera) già nel 1971. Si diverte a fare la giornalista ed è appassionata di fotografia. Dal 2003 lavora per il settimanale d’approfondimento Azione, mentre nel tempo libero fa reportage fotografici come free lance per altre riviste e si distrae scrivendo libri. Tant’è che prima di questo ne ha già pubblicati tre: L’angelo apprendista; Un caffè a Kathmandu; e Un gigolo in doppiopetto (riservato a un pubblico adulto).
Manuela ama molto anche viaggiare: meglio se con il sacco in spalla al posto di un trolley in mano, «per gustare appieno il sapore dell’avventura», dice. Sono molti i paesi che ha visitato per un mese, due e anche tre, oppure per pochi giorni: dal Nepal all’India, dall’Egitto, alla Grecia, dall’Australia al Pakistan, dall’Italia, all’America del Nord, dal Centro America all’Africa, e tanti altri ancora. E qualche viaggio ha avuto modo di farlo anche grazie allo sport che ha praticato intensamente per oltre tredici anni come agonista e istruttrice di Karate, ma questa è un’altra storia.
2 settembre 2009 alle 17:03 |
Grazie mille, per l’ampio spazio che mi avete dedicato!!! :-)))
2 settembre 2009 alle 17:56 |
Grazie a te Manuela!