:: Emiliano Tognetti racconta “Behind the Nobel”, dove alcuni premiati si raccontano (Graphe.it 2023) a cura di Viviana Filippini

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Chi sono davvero i premiati con il Nobel? Che vita facevano prima dell’importante riconoscimento? E dopo? “Behind the Nobel” di Emiliano Tognetti, edito da Graphe.it, raccoglie le interviste ad alcuni premi Nobel (Roald Hohfmann, Frederik de Klerk, Richard John Roberts, Peter Charles Doherty, Paul Maxime Nurse, Dennis Mukwege, Didier Patrick Queloz) che hanno raccontato la loro vita prima del premio, le emozioni al momento della chiamata per Stoccolma e quello che è accaduto dopo. Un libro curioso, interessante, dove si scoprono i Nobel e le loro vite non solo per meriti in ambito medico, fisico, matematico, letterario o per la pace. Da queste pagine emerge l’aspetto professionale dei premiati, ma soprattutto quello umano con tutte le emozioni che li caratterizzano.  A raccontarci del libro l’autore Emiliano Tognetti.

In che modo ha contattato i vari premiati? Non è stato facile, ma durante la pandemia ho avuto del tempo per cercare su internet, sul sito della Fondazione Nobel e su Wikipedia, i loro riferimenti e piano piano, contattando le segreterie delle fondazioni, delle università, degli uffici stampa, ho inviato molte richieste di intervista presentando il progetto e quei sette, o meglio gli altri sei, visto che uno mi aveva già dato la disponibilità per un’intervista per il mio magazine “7gifts.org” (www.sevegifts.org), sono coloro che hanno accolto positivamente la mia richiesta e si sono resi disponibili a rispondere alle mie domande.

Come è stato intervistare i premi Nobel? È stato emozionante e costruttivo, perché l’intervista è stata preparata leggendo la loro biografia e i loro studi, e quindi poi è stato affascinante sentir raccontare dalla loro voce le scoperte, il ricordo, l’esperienza di quanto hanno vissuto. Ognuno ovviamente in maniera diversa e personale, ma non per questo, meno importante o sentita.

Tra i sette che hanno accettato l’intervista ci sono delle storie che l’hanno colpita in modo particolare e perché? Premesso che tutte ed ognuna sono uniche, quella che mi ha emotivamente impattato di più, anche per il tema estremamente delicato è quella del dottor Mukwege, che si è trovato, da ginecologo a lottare contro la violenza sulle donne. Poi non posso negare che mi ha divertito molto Rich Richards, che è stato molto gentile e molto divertente ascoltare e poi trascrivere e lui è un esempio chiaro di come impegnare il loro prestigio internazionale per fare del bene verso la società civile e le persone “meno fortunate” sotto tanti punti di vista.

Tra le domande che tornano spesso c’è quella in cui chiede ai premiati dove e cosa stessero facendo quando hanno ricevuto la notizia e come è cambiata la loro vita dopo il premio. Cosa è emerso da esse? È emerso che la notizia arriva in un momento in cui non ti aspetti. Non è un concorso in cui, bene o male, hai un range di tempo nel quale conosci l’esito, ma può arrivare la chiamata da Stoccolma mentre dormi, mentre sei in una riunione o mentre ripari una biciletta. Ogni persona ha avuto il suo brivido, quando meno se lo aspettava e questo forse è l’aspetto più intrigante delle singole storie.

Quanto è importante far conoscere i Nobel come persone e non solo come coloro che hanno ricevuto l’importante riconoscimento? Direi che è fondamentale! Nel senso che sono persone come noi; ognuno di noi è un potenziale “Nobel”, il premio non conferisce loro uno status di “semi-divinità”, se mi è permesso esagerare il temine di paragone. Sono persone straordinarie, nel senso di “fuori dall’ordinario” perché, molti di loro, hanno saputo “guardare oltre” se stessi ed il proprio recinto personale, parlo nel caso dei premi per la pace, oppure perché nel loro lavoro hanno messo impegno e passione e si sono ritrovati, assieme ad altre persone dei team di lavoro, a fare scoperte importanti che si sono rivelate passi avanti nella scienza. Quello che è emerso è che il premio Nobel, ti da una cassa di risonanza mondiale e al tuo pensiero viene dato un peso che prima non aveva. Sta a loro, ad un ognuno di loro usare questo “potere” con responsabilità; come diceva un famoso fumetto “da grandi poteri, derivano grandi responsabilità” e come diceva un famoso romanzo è importante “cosa fare con il tempo concesso”; in queste due frasi, c’è il senso di utilizzare bene la potenzialità del titolo di “Nobel”.

Cosa le ha lasciato questa esperienza e il narrare le vite di questi sette Nobel prima e dopo il premio? Mi ha lasciato un’esperienza grande interiormente e l’aver appreso che anche nel tuo piccolo puoi fare molto ed essere un “premio Nobel per la vita”, cominciando dalla tua vita e da quella delle persone che hai vicino, perché se non sai prenderti cura di te stesso e di chi hai accanto, come puoi pensare di risolvere i problemi del mondo che spesso nascono dalle singole azioni di ognuno di noi? Questa è la grande lezione che ho imparato, o ricordato da loro.

Solo una donna ha risposto all’appello, riesce a trovare una spiegazione? Si chiama libertà. Io ho contattato tutti i premi Nobel, maschi e femmine che sono riuscito a trovare ed ognuno ha risposto come ha voluto. Tanti hanno detto “no grazie”, alcuni “si” ed è loro libertà, rifiutare l’intervista per tantissimi motivi, che poi restano nascosti fra le righe della risposta. Per quanto mi è stato possibile, ho ricontattato soprattutto le donne, ma questo è. Ho lavorato in uno spirito di “parità di genere” nelle richieste e rispettato la parità e la libertà di genere, nelle risposte.

Sarebbe però fattibile un seguito con solo premi Nobel al femminile? Io lo auspico. L’ho scritto anche nel libro che se qualcuno avesse qualche contatto o canale e potesse darmi una mano, sarebbe una cosa gradita ed auspicabile, poter fare un secondo volume con voci femminili o miste, maschi e femmine. Per ora direi che la cosa bella è far vedere la qualità del libro, se piacerà ai lettori, che è sempre la cosa più importante e magari con questo “attestato di merito per il lavoro svolto”, potremmo avere un volume con più voci femminili. A questo proposito, vorrei sottolineare che ho voluto una prefazione “al femminile” e di qualità, cosa che ho trovato in Ana Blandiana, proprio come forma di “riscatto” per non avere un libro con solo voci maschili, che sarebbe stato lo stesso un buon lavoro, ma credo che così possa rendere onore anche al mondo femminile, che è la prima voce che il lettore incontra quando inizia l’avventura del saggio.

Source: richiesto all’editore. Grazie all’uffcio a 1AComunicazione.

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