:: 1960, Leonardo Colombati (Mondadori, 2014) a cura di Federica Guglietta

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Sta diventando difficile. Questa cosa delle recensioni, dico. Mi capita sempre più spesso di leggere libri che calamitano la mia attenzione già solo dalla copertina, me ne innamoro e poi non vorrei mai e poi mai scrivere a riguardo perché ho paura di rovinarli. Proprio come quando si dà un libro in prestito e ci viene restituito pieno di “orecchie” e sottolineature varie ed eventuali. Fantomatici “lettori” mi hanno anche invitato a leggere e a scrivere di altro, tipo: “Basta con le recensioni così e così, basta coi graphic novel, basta proprio. Leggiti, che so, qualcosa di Freud o Così parlò Zarathustra”. Sì, come no, magari dopo.

Avrò pure il diritto di leggere ciò che più mi piace e mi va, no? Pure perché questo luglio ’15 si è rivelato il più torrido degli ultimi millemila anni e già non ce la si fa.

Insomma, per farla breve, in questi giorni mi sono chiusa in compagnia di quattro romanzi diversissimi tra loro, hanno un solo denominatore comune. Ve lo svelo da subito, tanto è una cosa personalissima e per nulla oggettiva: non ho mai letto e/o approfondito Leonardo Colombati, Paola Mastrocola, Neil Gaiman e Murakami. Quest’ultimo l’ho leggiucchiato malamente, ma – come ormai ben sapete – non sono mai riuscita a staccarmi totalmente dalla Yoshimoto e quindi, per anni, mi sono rifugiata in un “altro” Giappone. Degli altri ho letto meno di zero.

Oggi volevo comincerò col parlarvi di tempi ora a noi lontani e sarà una recensione atipica, ve lo dico.
Anzi, vi parliamo proprio di 1960, un romanzo uscito a fine 2014. Autore, Leonardo Colombati: giornalista e scrittore al suo quarto lavoro come romanziere.

Opera, questo 1960 che gli è valsa la candidatura tra i finalisti dell’undicesima edizione “Premio Manzoni al Romanzo Storico”, la cui serata di premiazione ci sarà il prossimo 8 novembre al Teatro della Società di Lecco.
Non amo particolarmente i romanzi storici – a partire da Walter Scott fino ai giorni nostri, certo -, starò attenta a non scrivere strafalcioni, dato che pare sia opinione di molti che chi si occupa di recensire libri è solo perché non ha mai partorito una sua (propria) creatura – ma questa è un’altra storia.

Facciamo un passo indietro.

Che meraviglia gli anni Sessanta. Le foto, i film, la vita in bianco e nero. Tutto sembra più bello in bianco e nero. Che meraviglia gli anni Sessanta. La Roma di Fellini e Pasolini, divisa tra boom economico e povertà, tra sentimentalismo ed altrettanto realismo. Le “ville parioline e le “piscine” a Pietralata. La Roma della cerimonia di apertura per la diciassettesima Olimpiade: evento gioioso e solenne, grazie a cui la gente dovrebbe dimenticare che solo fino a quindici anni prima c’era la guerra ed andare avanti. La televisione, la vespetta, Adriano Celentano e i primi concerti, i blue jeans e i teddy boys.

Il 1960 è un vortice. Fatti ed emozioni contrastanti che si uniscono in una spirale di nomi, facce e avvenimenti tutti diversi. Un’età poliedrica, sfacciata e sfaccettata, proprio come il romanzo che prova a raccontarla, con dovizia di particolari e occhio critico. Lavoro che, più che a uno scrittore si rifarebbe ad un regista. Uno bravo.

Colombati, col suo 1960, diventa autore, regista, storico, osservatore e narratore. Viaggia in velocità come un drone, pur facendosi cimice: mescola avvenimenti, fatti storici, dialoghi veri o presunti tali. Idem per le persone che vi si trovano ad interagire: personaggi, più che altro. Volti noti e misconosciuti. Autorità e impiegati, super ricchi e meno abbienti, legati solo dal sottilissimo filo della convenienza.

Ogni tassello di questo intricatissimo romanzo (sia dal punto di vista della trama che della cifra stilistica) porta alla risoluzione di un nodo centrale: qualcosa di losco, che tutto il sistema attorno non vuol far altro che contrire. Un romanzo capace di tenerti col fiato sospeso fino all’ultima pagina.

Leonardo Colombati, classe 1970, è un giornalista e scrittore romano. Il suo primo romanzo Perceber (Sironi, 2005) finisce col diventare un autentico caso letterario. Seguono: Rio, suo secondo romanzo pubblicato nel 2007 da Rizzoli, Il re, uscito nel 2009 per Mondadori e 1960, suo ultimo lavoro. Scrive e pubblica diversi saggi critici, tra cui: Bruce Springsteen. Come un killer sotto il sole. Il grande romanzo americano (1972-2007), edito da Sironi nel 2007 e La canzone italiana 1861-2011. Storie e testi, Mondadori, 2011). Redattore della rivista letteraria “Nuovi Argomenti”, ha scritto e pubblicato articoli e racconti per Il Corriere della Sera.

Source: ebook inviato dall’editore, ringraziamo la sig.ra Anna dell’Ufficio Stampa Mondadori.

Disclosure: questo post contiene affiliate link di Libreriauniversitaria.

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