:: Il libro dei ricordi perduti, Louise Walters, (Corbaccio, 2014) a cura di Valeria G.

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2334114_Il libro dei ricordo perduti_cop@01.indd“Sul punto di suggerire il bar della National Gallery, mi sono voltata verso l’edificio e l’ho vista, una donna alta, sulla sessantina, che mi fissava. Non saprò mai sa mi stava già osservando da un po’. […] Con lei c’era una donna sui quarant’anni e due bambini dell’età di Roberta. […] Senza ombra di dubbio, avevano qualcosa di Roberta. La donna più giovane sembrava la versione femminile di John. Quella più anziana, Nina, perché era lei, impossibile sbagliarsi, ci osservava. Guardava i due ragazzini, certamente i suoi nipoti, poi di nuovo John. […] Per un secondo o due ci siamo guardate dritte negli occhi. […] Cominciavo già a vederci meno, allora, ma l’essenza di una persona non svanisce mai, e soprattutto, è impossibile dimenticare il volto di una donna che ha sofferto e nel bisogno ti ha supplicato di aiutarla. ”

Quando mi è stata proposta la recensione de “Il libro dei ricordi perduti” della neonata scrittrice di romanzi Louise Walters, inglese di nascita e di residenza, devo confessare che non ho nemmeno finito di leggere la scheda informativa. Si, perché quelle primissime righe della presentazione dell’editore Corbaccio mi hanno conquistato all’istante “Ripulisco libri. Spolvero i dorsi, le pagine, a volte una per una, un lavoro meticoloso, nocivo ” magico aggiungo io. Mi sono immediatamente immedesimata nella libraia moderna protagonista della storia, la quale affida ai libri, e alla sicurezza che questi emanano, la sua esistenza apparentemente povera di affetti, ma ricca di sentimenti perduti. La foto di copertina, poi, ha confermato la mia curiosità di conoscere questa donna della quale possiamo scorgere solo il busto e le gambe, avvolte in una gonna nera e lunga, che tiene tra le mani, in modo leggero e sicuro, quattro libri dall’aspetto antico e prezioso. Sullo sfondo un cielo grigio e cupo, tipico della Gran Bretagna e, in volo, due aerei da combattimento probabilmente durante una delle incursioni tipiche della seconda guerra mondiale.
E’ Roberta Pietrykowski che parla in prima persona e che ci accompagna tra gli scaffali dei suoi amati libri, di una libreria che cerca di proporre libri antichi e nuovi, che sente sua anche se di fatto non lo è. Ed è lei la libraia magica, la persona che ama i libri, che ci ricorda che “i libri hanno un loro odore, un loro suono: parlano. In questo momento avete in mano un oggetto che vive, respira e sussurra: un libro!”. Nella stessa libreria accade l’impensabile perché Roberta, certa delle sue origini polacche, trova una lettera, una vecchia lettera di quelle scritte di pugno, con l’inchiostro formato da una miscela di dolore e amore, di quelle autentiche che il tempo non potrà mai rovinare perché, sebbene le si abbia più volte tenute strette tra le mani, il contenuto elevato di sentimento al loro interno le renderà vive per sempre. Questa lettera la lascia sgomenta perché getta delle ombre piuttosto inquietanti sulla storia d’amore tra sua nonna Dorothea (o babunia come preferisce chiamarla lei, in ricordo delle sue, appunto, origini polacche) e il suo defunto nonno. Naturalmente, Roberta si dedicherà alla ricerca di quella che lei chiama verità affrontando con coraggio la fine di una comoda storia di passione, il lutto per la perdita del caro padre, il ritrovamento della mamma persa da bambina e una storia d’amore nascosta che trova da sé il momento migliore per sbocciare.
Le riflessioni di Roberta vengono interrotte in alternanza dalla storia di Dorothy Sinclair, divenuta poi Dorothea Pietrykowski, donna dall’aspetto vulnerabile che nasconde una forza di carattere unica nel suo genere. Un narratore affidabile ci accompagna negli anni quaranta, in un cottage all’interno della campagna inglese, nazione che si sta preparando alla inevitabile guerra che ha il distruttivo compito di non risparmiare nessuno. Il lettore viene accolto nella calda cucina di Dorothy che è stata abbandonata dal marito. In quelle mura semplici che sanno di cose buone da mangiare, di un focolare che scalda, anche e soprattutto, quando fuori c’è il gelo, si vive la guerra, si sviluppa l’amicizia tra Dot, Aggie e Nina due giovani giunte dalla capitale per lavorare alla fattoria, tre donne sconosciute che imparano a viversi ogni giorno, e si affaccia timidamente una storia d’amore che nasce quando sembra che anche l’amore sia un lusso per pochi e che per questo è, e resterà per sempre, unica. E poi, tanto dolore, tanta rabbia per quella maternità rubata che non ha nessuna intenzione di tornare a bussare alla porta della misteriosa Dorothea.
La storia è stata costruita in due tempi, simili a due binari che vengono ripresi, affiancati e alle volte intrecciati sapientemente perché le vicende delle due protagoniste sono una lo specchio dell’altra.
Ma non è tutto, non si tratta solo di un bel romanzo d’amore, dal sapore un po’ retrò. Al lettore completamente coinvolto nelle vicende di Roberta e Dorothea viene chiesto un ulteriore sforzo, un valido confronto su un tema ricorrente e alquanto doloroso.
Il romanzo stesso, infatti, apre un’analisi tra lettore e scrittore su quanto accadde ad una donna che desidera un figlio ma non riesce ad averlo e, al contrario, ad una donna che non ha nessuna predisposizione alla maternità che invece, per uno strano e funesto gioco del destino, lo concepisce. Un tema difficile da scrivere per non rischiare di urtare la sfera materna e sensibile della donna, nata per procreare. La scrittrice in questo frangente compone un quadro completo, riesce ad esprimere perfettamente cosa accade quando l’emisfero materno viene in contatto con la durezza della morte, non ha paura di scoprire i sentimenti più osceni che si sviluppano nei personaggi che lei ha creato. La sua penna non vuole illudere, non vuole addolcire, non vuole raccontare bugie su quanto è dolorosa la rinuncia, su quanto sia spaventoso l’abbandono.
E poi, infine, l’amore.
L’unico sentimento in grado di cambiare le sorti delle persone. Un amore che completa e che divide, un amore che durerà per sempre “ al di là del tempo che non ci sarà più”.

Louise Walters è nata nell’ Oxfordshire nel 1967, si è laureata all’Open University nel 2010 e vive nell’ Northamptonshire con il marito e cinque figli. Autrice di poesie, “ Il libro dei ricordi perduti” è il suo primo romanzo che ha subito suscitato l’entusiasmo degli editori di tutto il mondo. Oltre che in Italia, “Il libro dei ricordi perduti” verrà pubblicato in Germania, Paesi Bassi, Serbia, Svezia, Francia, Polonia e Stati Uniti.

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