:: Intervista a Paola Sironi a cura di Viviana Filippini

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Ciao Paola, piacere di ospitarti qui a Liberi di Scrivere, prima di parlare di Nevica ancora il tuo romanzo giallo – non solo per la copertina-  edito dalla Todaro editore, raccontaci un po’ di te, del tuo lavoro e della tua passione per la scrittura.

Ciao e grazie a voi di  ospitarmi nei panni di scrittrice: abito che ammetto di non poter vestire con regolarità, nel trambusto del mio quotidiano.  La maggior parte del mio tempo si divide tra lavoro in azienda e vita familiare o domestica. La passione per la letteratura e la scrittura riesco coltivarla solo nel tempo libero e, a volte, nei momenti in cui è necessaria una dedizione continuativa, strappando con le unghie a tutto il resto  ore di intima concentrazione. L’attrattiva per i libri mi accompagna fin dall’infanzia, con le prime letture ed è cresciuta in maniera esponenziale nel corso degli studi classici.
Non ricordo mi abbia mai abbandonato. Provare a scrivere è stata una conseguenza quasi immediata.
Mi sono esercitata per molti anni da autodidatta. L’impulso è sempre stato riuscire a raccontare  storie umane, esplorandone gli aspetti interiori e in particolare quelli meno prevedibili. Con un debole per la ricerca linguistica e il ritmo della narrazione. Ho impiegato molti anni, scartando diversi lavori, a trovare un’ispirazione e un metodo di lavoro che mi  permettessero di scrivere un romanzo proponibile a una casa editrice. E ho avuto la fortuna di vederlo pubblicato. Poi, per il successivo, ho trovato la strada già spianata.

Cosa ti ha ispirato la trama di Nevica ancora?

Nessun fatto di cronaca in particolare.  Nonostante io abbia scelto di raccontare indagini su crimini comuni, non ho l’abitudine di seguire la cronaca nera: m’infastidisce troppo la morbosità con cui viene trattata mediaticamente. L’ispirazione mi è venuta da semplice osservazione della realtà a me circostante. Ho provato a inserirci la sparizione di una donna, con un retroscena che contrastasse con l’immagine che gli altri si erano fatti del soggetto, e un delitto  in qualche modo collegato alla scomparsa di questa persona. Il resto della storia l’ho costruito attorno a questi due elementi. Il fatto che poi, a lavoro già concluso, si siano verificate anche piccole coincidenze con fatti di cronaca reali, l’ho trovato solo una dimostrazione che la storia fosse plausibile.

Quanto c’è in te di Flaminia?

Indubbiamente lo stile di vita. Entrambe abbiamo il nostro carico familiare e siamo lavoratrici pendolari dalla provincia a Milano, un po’ insofferenti alla frenesia dei perpetui spostamenti, piuttosto caratteristici della zona in cui viviamo. Ci differenziano solo qualche chilometro di distanza da Milano in più per Flaminia e una ventina d’anni in più per me. Ma il personaggio di Flaminia non è strettamente autobiografico, è una riuscita combinazione di alcune donne che ho conosciuto nella mia vita, tutte con una propria atipicità in un insieme apparentemente comune. E in qualche modo Flaminia è emblema della donna contemporanea, in transito verso un’emancipazione non ancora del tutto compiuta, ma nello stesso tempo soggetto consapevole, ormai lontano dal rappresentarsi come involucro patinato.

Flaminia Malesani vive con Massimo, Valerio e Fabio. Come è il rapporto tra fratelli ora che sono orfani?

Conflittuale, ma con radicati rapporti di dipendenza reciproca.
In sostanza sono riusciti a ricostruirsi un nucleo familiare che, pur nella sua originale composizione, replica un’organizzazione  tradizionale, con le figure più adulte di Fabio e Flaminia e quelle più adolescenziali di Massimo e Valerio. Anche se la giovane età di tutti e quattro comporta inevitabilmente che il nido domestico sia praticato con discontinuità e, nello stesso tempo, sia abitualmente invaso dall’ avvicendarsi di ospiti più o meno attesi, creando spesso un’atmosfera da pièce teatrale, dove non si sa mai chi può entrare dall’entrata principale o chi potrebbe nascondersi dietro una porta chiusa.

Flaminia è l’unica donna in casa  Malesani. Quanto impegnativo è il suo ruolo nella famiglia tra legami di parentela, lavoro, faccende domestiche e amori personali?

Impegnativo, nel caso di Flaminia, è quasi un eufemismo. Non c’è tregua nell’alternanza di doveri e vita familiare e sociale. E le capita saltuariamente di sentire la mancanza di ragionevoli pause.  Soprattutto in questo aspetto è più che mai emblema della donna contemporanea, tuttora divisa tra realizzazione personale e ruolo tradizionale, di cui è ancora  incapace di delegare buona parte del carico.  Come unica figura femminile all’interno del suo nucleo familiare, è anche un po’ metafora della quotidiana sopravvivenza delle donne  in un mondo  coniugato al maschile.

Il tuo è un giallo ambientato nella quotidianità, perché hai scelto la vita di ogni giorno  e non un situazione particolare per creare il tuo lavoro?

Come accennavo all’inizio, m’incuriosiscono gli spunti insoliti che offre la quotidianità, mi piace sviscerarne i retroscena e, quando nel mio percorso da lettrice ho incontrato  il genere giallo, l’ho trovato particolarmente consono a svolgere questo compito. Dietro a ogni delitto comune ci sono storie di uomini e donne che s’incrociano e ne hanno condizionato l’attuazione. Ed è solo ripercorrendo le storie personali che si può comprenderne le ragioni.

Tutto ruota attorno ad un scomparsa, quella di Evelyn Villaluna, ma poi la situazione precipita con la scomparsa  della cugina di Evelyn e con il ritrovamento di un cadavere legato alla famiglia dei filippini. Perché l’inserimento di un omicidio?

Penso che la scelta dell’omicidio sia inevitabile per un romanzo giallo.  Io non sono particolarmente dogmatica, per dare un ordine d’idee annovero I fratelli Karamazov  tra i migliori noir che siano stati scritti, però credo che un romanzo giallo non possa comunque prescindere da un omicidio e dall’indagine che ne consegue.  La ricerca dell’omicida è strettamente legata a quella della verità ed è un gioco basilare che s’instaura tra narratore e lettore.

Gianluca, il figlio adolescente dei Villaluna, come vive la scomparsa della madre?

Gianluca è uno dei tanti personaggi contraddittori che si muovono all’interno di  questa storia, però l’unico giustificato dall’età. Nella sua rappresentazione dei fatti, manifesta il bisogno di attribuire la scomparsa della madre a dei nemici esterni. Probabilmente, come molti altri attori della storia, si  costruisce una sua verità su misura e la sfida investigativa è proprio cogliere nelle incoerenze di tutti le cause scatenanti.

Flaminia e Massimo indagano sulla scomparsa della signora Villaluna. Come è il rapporto tra i due fratelli quando vestono i panni dei detective?

Normalmente è caratterizzato dalla compresenza di una complicità mai dichiarata, con la contrapposizione tra due personalità divergenti, eppure complementari nello svolgimento delle indagini.
In Nevica ancora il rapporto di fiducia tra i due fratelli s’incrina, per motivi che verranno alla luce solo nel finale e i loro percorsi si separano momentaneamente. Uno dei due potrà contare su un vantaggio che lo condurrà alla soluzione del caso, ma gli eventi porteranno Flaminia e Massimo a essere di nuovo insieme ad affrontare il triste epilogo.

Massimo non è un investigatore di professione, il suo lavoro in realtà è ben diverso, ma perché ha questo bisogno di indagare e risolvere enigmi prima delle forze dell’ordine?

Massimo è a tutti gli effetti un gigolò ed è solito  usare l’attività di detective privato come paravento. Si dimostra sempre poco interessato al lavoro regolare e preferisce condurre una vita comodamente adagiata sulla sua abilità seduttiva. Sembra trovare una capacità di dedizione responsabile solo nella conduzione di alcune indagini selezionate. Mosso sia da una competitività da dominante, che lo spinge ad anteporsi e voler anticipare il lavoro delle forze dell’ordine, sia da una cinicamente dissimulata ricerca di giustizia, con tratti  d’inattesa serietà e competenza.

Il dramma familiare che ha colpito da vicino i Villaluna porta Evelyn a riavvicinarsi al marito Arnel. Tra loro sarà di nuovo la passione di un tempo o solo un legame di solidarietà per sostenersi a vicenda nel dolore?

Nel corso del romanzo, in cui affetti e sentimenti positivi o negativi giocano un ruolo fondamentale,  si alternano molte relazioni di coppia. Diverse favorite dalla sola presenza di Massimo e dal suo inesauribile spirito adescatore. Tra tutte, alla fine, sopravvivono quelle meno passionali, fondate su legami di solida compensazione. Non è una regola, è quello che succede in questa storia.  Sicuramente il rapporto tra Evelyn e suo marito rientra in questa categoria.

C’è un elemento che ritorna in modo continuo nella narrazione ed è la neve. Quale è la sua funzione? E’ un semplice agente atmosferico tipico dell’inverno o ha più una funzione metaforica di quell’elemento che copre e nasconde i drammi che possono investire la vita tranquilla e pacata di  una famiglia?

L’atmosfera meteorologica l’ho scelta a seguito di una serie di stagioni invernali, caratterizzate da un incremento della frequenza dei fenomeni nevosi in pianura Padana.  Soprattutto nelle zone ad alta densità di popolazione, come la mia, l’impatto risultava sempre deleterio ed ho trovato divertente far muovere i personaggi tra i disagi causati da un elemento naturale, che nel nord Italia dovrebbe essere assimilato nelle abitudini e nella gestione delle infrastrutture, ma curiosamente non lo è mai.  Riusciamo ogni volta a farci trovare impreparati. A parte la questione aneddotica, dal punto di vista letterario, la neve per me è inevitabilmente associata al racconto I morti di James Joyce e all’immagine della nevicata che cade sui vivi, come sui morti, parificandoli e sovrapponendoli, in una realtà dove il condizionamento dei morti sui vivi  risulta essere ineluttabile.  Nessuna pretesa così elevata, ovviamente, ma in Nevica ancora il passato esercita un’influenza determinante sui comportamenti di alcuni personaggi E la neve è una costante che sembra tornata a riproporsi assiduamente, come nel passato.

Flaminia e Co. saranno protagonisti di un prossimo romanzo?

Sì, ci sto lavorando.  Questa volta i fratelli Malesani sfioreranno anche  un’inchiesta importante e affronteranno un caso legato a uno dei temi collettivi, a mio parere, più  rilevanti.
Nell’indagine, oltre a Massimo e Flaminia, sarà coinvolto fattivamente anche un altro dei due fratelli, ma vi lascio con la curiosità di scoprire quale.

Una Risposta to “:: Intervista a Paola Sironi a cura di Viviana Filippini”

  1. Paola Sironisu liberidiscrivere | Todaro Editore Says:

    […] intervista di Viviana Filippini a Paola Sironi, autrice di “Nevica ancora” e “Bevo grappa”. https://liberidiscrivereblog.wordpress.com/2012/07/11/intervista-a-paola-sironi-a-cura-di-viviana-fil… […]

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