Credo che per un narratore il modo più bello di festeggiare gli ottanta anni sia proprio scrivere e pubblicare un nuovo romanzo. Elmore Leonard, nume del thriller ma non solo (io lo amo moltissimo anche in declinazione western come era anche il suo Hot Kid di pochi anni orsono) sceglie con Gibuti la via della spy story esotica mescolata alla vicenda d’avventure, alla storia giornalistica e ad un sacco di altri elementi. Come sempre Leonard è maestro nello stile, nei dialoghi (come sempre resi ottimamente da Luca Conti) e si rivela attento ricercatore e divulgatore di notizie. New Orleans e soprattutto Gibuti, caposaldo francese, terra della Legione ma anche di pirati ricchi o sbrindellati che siano. Tutto visto attraverso gli occhi di una coppia di personaggi che ci agganciano subito. Dana Barr, giornalista rampante, e Xavier LeBo, ‘altrissimo negro’ come diceva una canzone, non più giovanissimo ma sempre gagliardo. Il suo cameraman. E qui un po’ viene l’intoppo. Perché Leonard sembra voler scrivere il suo romanzo un po’ come quei film di moda adesso, girati con la telecamera a mano in cui la storia si ingarbuglia. Non che non sia intrigante e complicata perché ci sono agenti della CIA, ballerine, ricchi pirati, intermediari, jihadisti che hanno in mente un colpo spettacolare, insomma tutti gli ingredienti per tenerci con il fiato sospeso. Invece cos’è che non funziona: l’azione. Le cose importanti le apprendiamo sempre in differita, come vedendo un sacco di materiale girato e poi rimontato. Tecnica che Leonard usa con efficacia mescolandola a dialoghi cinematografici, informazioni e tutto ciò che serve. Un’operazione stilistica complessa, formalmente riuscita ma… a mio parere (che vale sempre quel che vale ma è il mio che ho comprato il libro e quindi ho diritto di esprimere i miei dubbi) priva di quel cuore, di quel pathos che avrebbero potuto farne una storia memorabile. Invece resta senza dubbio un bel romanzo ma di quelli in cui i protagonisti più che agire parlano dell’azione. E, sinceramente, per me resta un’occasione sprecata. Alla prossima Elmore… sarai sempre un esempio.
9 aprile 2012 alle 17:23 |
Condivido! Sono un fan sfegatato del vecchio Elmore, ho letto e ho tutti i suoi libri tradotti in italiano (mi manca solo IL MASSIMO DELLA PENA che cerco disperatamente da anni e per cui sarei disposto a pagare qualsiasi cifra) amo i suoi libri senza se e senza ma, è in assoluto il mio scrittore preferito e … che delusione Gibuti! Non riuscivo a crederci mentre lo leggevo, per i primi 3/4 lento, noioso, senza presa … poi per fortuna alla fine un po’ si riprende. Ma come sono rimasto male!