:: Recensione di Il segno dell’untore di Franco Forte

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12 agosto 1576. Milano è sempre più simile ad un girone dantesco, un girone infernale in cui morte e disperazione straziano una popolazione ormai stremata. L’aria è irrespirabile per i miasmi del contagio e le ceneri dei corpi bruciati dei roghi sparsi in ogni dove. Pianti e grida si alzano dalle case con le finestre e le porte sbarrate trasformate in prigioni per i pochi sopravvissuti sospettati di aver contratto il morbo mentre nelle strade  le carrette dei monatti cigolano con i loro carichi di orrore. La peste si abbatte come una maledizione strascico di guerre, scarsità di igiene e alimentazione, ma l’ignoranza e la superstizione portano a credere che ci siano dei colpevoli, dei propagatori intenzionali del morbo ed è caccia all’untore fomentata dalla stessa Santa Inquisizione che non risparmia torture e assassinii di innocenti in cerca di capri espiatori. In questo scenario a tinte fosche si muove il giovane protagonista Niccolò Taverna notaio criminale colpito nei suoi affetti più cari e chiamato dal Capitano di giustizia ad indagare sulla morte di padre Bernardino da Savona commissario della Santa inquisizione. Oltre a questo anche alcune “ruberie” sacrileghe impongono il suo intervento: la sparizione del Candelabro del Cellini, sottratto dal Duomo di Milano,  in costruzione per volere del Borromeo, e di una reliquia ancora più preziosa il Sacro Chiodo della Croce di Cristo.  Niccolò ha poco tempo per scoprire cosa sia successo e per assicurare il colpevole o i colpevoli alla giustizia. A rischio della vita, schiacciato tra lotte di potere e oscure trame che vedono la corona di Spagna, la Santa Inquisizione e fin anche il Borromeo in persona, lunga mano del Papa, tra coloro che hanno molto da perdere Niccolò ha solo la sua intelligenza e il suo acume investigativo che lo spingono ad andare a vanti e ad indagare dove solo lui ha il coraggio. Il segno dell’ untore di Franco Forte edito a Mondadori ( Mondadori Omnibus – pagine 358 – prezzo 15,00 euro) è un romanzo che si inserisce a pieno titolo nella grande tradizione del romanzo storico italiano. La ricostruzione storica lascia ben poco spazio all’improvvisazione o all’approssimazione ma è frutto di anni e anni di studio e di accurata documentazione e questo si desume con chiarezza e non risulta pesante soprattutto grazie al fatto che l’autore evitando la trappola di subissarci di dati e nozioni distribuisce con naturalezza e spontaneità le spiegazioni incuriosendo e coinvolgendo il lettore. La lettura di questo libro lascia il raro piacere di aprire una finestra sulla Milano della seconda metà del 1500 e seppure fu un periodo funestato da malattie, guerre, ingiustizie e violenze di ogni genere l’effetto è emozionante. Si ha la sensazione di comprendere davvero i personaggi del racconto, per i quali si prova immediata simpatia o aperta ostilità come nel caso dell’orrido e crudele Giacinto Quercia, segretario inquisitoriale del Consiglio con le vesti intrise di pece e dell’odore dei corpi degli eretici bruciati o del lugubre  Guaraldo Giussani,   imparando a conoscere i più minimi dettagli delle loro vite, da cosa mangiavano, da come si vestivano, da che armi usavano, da che letture facevano, ho sorriso quando il protagonista ricorda la lettura fatta con la moglie della Divina Commedia dell’Alighieri, vite così diverse dalle nostre eppure per alcuni versi non troppo dissimili almeno per quanto riguarda i sentimenti e le profonde motivazioni che li spingono ad agire. Lo stile di Forte è apparentemente semplice e lineare, e questa sua capacità rende il tutto scorrevole e veloce caratteristica decisamente singolare data la quantità di informazioni che man mano apprendiamo durante la lettura. Il segno dell’untore è senz’altro un thriller investigativo in cui l’originalità maggiore è costituita dagli strumenti investigativi in dotazione di un magistrato del 1500, pensiamo solo ai bastoncini con la punta cosparsa di cera per toccare i reperti di un delitto e sfuggire così al contagio e perciò limitati e a volte bizzarri che strapperanno molti sorrisi a noi uomini contemporanei nutriti delle più sofisticate tecniche da CSI. Pur tuttavia l’abilità e lo spirito analitico del protagonista, aiutato dagli insegnamenti del padre e dai suoi validi collaboratori Rinaldo Caccia e Tadino José Del Rio, uniti all’acume dell’ eroina della storia che non gli è da meno, non dimentichiamoci che è anche una  storia d’amore, sono una carta vincente e forse la parte più interessante della costruzione narrativa.

Il sito è qui: www.ilsegnodelluntore.it

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