Provate ad immaginarvi in un passato bucolico e illibato. Incastonati in un’amaca d’acanto, all’ombra di due faggi a leggere un libro di poesie. E che quel libro d’un tratto vi porti in una realtà parallela.Un mondo virtuale e irrazionale, bellissimo.Un mondo fantastico, di giochi, di arcobaleni di cherubini e spicchi di luna crescenti.Ecco, questo accade perchè non state leggendo ”IN APNEA” di Julian Zhara.Aprendo il libro di Julian Zhara verrete catapultati nei marciapiedi della vostra città, nella periferia dell’incubo senza passare per il sogno ormai consumato e troppo idealizzato.Vi troverete in una sorta di Apnea emozionale sprofondati negli inquietanti abissi dell’anima. E scoprirete che l’anima non è solo la trasfigurazione delle viscere ma è anche il mezzo ultimo dell’orrore per se stessi e per il mondo circostante. Un abisso sub-cutaneo dove, per la falsità e l’ignoranza dell’attuale società, diviene meno profondo e porta il suo ribrezzo sulla superficie epiteliale. Julian Zhara nella sua poetica incontra l’essere umano attraverso accese ed aspre discussioni bevendo sangue al bar, tra se stesso e ”la scenografia intorno” tornando alla ”forma primordiale”della poesia e della visione della vita; ”poiché l’essere umano è una molla incline allo stato più esteso…” che alla fine ”si ritira nel suo confine originario”. Ed è proprio in quel confine disilluso e disincantato, non per sua volontà ma per ”un tetro contratto” sancito alla nascita, che vive il poeta, ”oscuro anti-eroe arcano” …” non…più umano, ma maschera di paure”. La caratteristica fondamentale del linguaggio poetico di Julian è la frenetica ricorrenza di termini biologici per esplicare o semmai negare concetti ultrabiologici.
”Amico.
Piscia l’ umor nero
Dalle viscere.
Finiti attimi
Di eterna catarsi.”
(ASCESI pg.12/48)
Si vede qui limpido e liquido (come chiare fresche dolci acque) che la purificazione dell’anima avviene attraverso il corpo, il quale non è un limite, ma l’unica sicurezza, è sostanza finita; sensibile ai cambiamenti esterni ad esso, di sofferenze e umori che sfociano metaforicamente come urine nell’eterno mare della purezza. La domanda dunque sorge spontanea: Esiste il concetto di anima secondo i versi dello Zhara? La risposta è tutt’altro che semplice. La mia è si. Perché il poeta come ”astro, sogna carnali i primordi della creazione” in quanto il poeta è anima di se stesso. E dentro di lui troverà tutte le risposte. L’essere poeta è una scelta dettata dal tracciato vivere…ed è l’organismo che riceve l’ispirazione folgorante. L’antenna ricettiva è il cervello, che scatena gli altri organi in un tripudio dei sensi, come quando ”l’odore penetra i sensi va diritto al petto” e quando ”l’occhio stupito accetta l’invito della fantasia” nei versi di NOTTURNO.L’anima sono solo i bordi di un contenitore nel quale la sensibilità e la superficialità epidermica riempiono di significato la sopravvalutata spiritualità metafisica del corpo umano.
”Prostrarmi a un certo -Io-
a cui auspico il peggio?!
Estràneati da questo corpo
anima a noleggio!”
(TEMPIO DELL’ORGOGLIO pg.25)
Ed è quest’anima a cui si è attribuita, nel tempo, attività sine-corpore; a cui abbiamo creduto quando dicevano che esisteva un mondo interiore. Un mondo stuprato che il poeta rifiuta categoricamente vomitando quasi di getto questi versi riassuntivi della sua filosofia. Così in un corpo vivo grazie ai sensi e alle percezioni di realtà Julian Zhara comprende la non esistenza dell’anima dando l’impronta principale della sua poetica, e questo mi mette i brividi, all’amore. L’amore come due esseri uniti nella rispettiva nudità umana (troppo umana) e non il sentimento oggetto di due persone che stanno assieme.L’amore come redenzione e respiro dei sensi come unica via: ” Una freccia splende mi indica il cammino” seguendo la quale il poeta potrà trovare l’ossigeno necessario per respirare quell’ -Aria- che è il respiro, esalato dalla propria amata, il quale diventa ”musica rapita dal vento, silente sinfonia”Necessaria sinfonia, aggiungerei, necessarie note nella notte dove l’ ”aria senza note è aria di morte”. Il sentimento cardiaco è la chiave, il cervello, la pelle, le mani dell’esistenza. L’alternativa è la morte apparente, la morte per asfissia… Julian Zhara ”tra il nulla e l’essere, l’essere e il definire” questo poeta ”esiste”/resiste in Apnea nel mare della vita ”nell’eterno divenire” grazie al respiro d’Amore che è ”la piu empirica prova dell’umano percepire”.
1 dicembre 2009 alle 11:53 |
Molto Molto Bella la recensione, mi ha fatto venire voglia di leggere e comprerò il libro dato che costa anche poco 🙂
grazie!
Marina C. da Viterbo
13 dicembre 2009 alle 22:10 |
Sulla rete non si trova nulla su di lui pero’.
Dovrebbe farsi un pò più di pubblicità in giro… perchè non viene qui a Roma a fare qualche serata?
Maddy
14 dicembre 2009 alle 20:34 |
Ho sentito parlare di Julian Zhara all’università, ma non sono mai riuscita a vederlo ne conoscerlo di persona. Si puo scaricare il libro??
14 dicembre 2009 alle 23:43 |
Interessante la recensione, vorrei saperne di piu’.
E’ possibile avere la mail del poeta? Grazie
Mauro (bari)
20 dicembre 2009 alle 23:06 |
Il poeta ringrazia alessandro per la recensione. La mail è julianzhara@hotmail.it
Julian
16 dicembre 2013 alle 14:39 |
ammetto che non ho letto se non superficialmente la recensione, che immagino dettata da sentimenti di amicizia. ho letto i versi riportati e ne ho avuto un’impressione di fragilità, almeno a livello di metrica. è un andare a capo, un giocare a fare l’ungaretti di turno con quella patina di cattiveria che non spaventa, ma è mutila ostentazione di forza. sembra la solita ”teenage angst” di cui parlavano i nirvana, fine a se stessa.