:: Qualcuno è uscito vivo dagli anni Ottanta: Storie di provincia e di altri mali, Francesco Dezio, (Stilo, 2014) a cura di Manuela Mancini

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copertina dezio FRONTE OKA tutti quelli che hanno apprezzato gli ultimi due libri di Giorgio Falco, La gemella H (Einaudi 2014) e Condominio Oltremare (L’Orma 2014, con fotografie di Sabrina Ragucci) e soprattutto Cartongesso di Francesco Maino (Einaudi 2014; Premio Calvino 2013), mi sento di consigliare la lettura di un testo più esile ma ben riuscito, che parla anch’esso del totale sconquasso del tessuto sociale della provincia italiana, tra corruzione, abusivismo edilizio, crisi economica, necrosi intellettuale e ignoranza di ritorno: Qualcuno è uscito vivo dagli anni Ottanta: Storie di provincia e di altri mali (Stilo, Bari 2014, pp. 120, euro 12). Il libro, pubblicato da un piccolo editore pugliese, è di un autore schivo ma non minore, Francesco Dezio, che esordì nel 2004 con il fortunato Nicola Rubino è entrato in fabbrica (Feltrinelli), romanzo pioniere della letteratura precaria. A chi, come me, vive in Puglia e soprattutto nella provincia barese, questi racconti ricordano luoghi, tipi umani, paesaggi osservati fin dall’infanzia: gli outlet super-artificiali, costruiti nelle conurbazioni di periferia, a discapito dei centri storici, tra i più belli d’Italia, svuotati di ogni vitalità. Oniriche le descrizioni del racconto “L’outlet di Molfetta”: sono in un artificioso e rutilante panorama di compensato… un agglomerato di case di Barbie a schiera ingigantite all’inverosimile… Guardo ancora su, verso le finestre cieche… perché mi viene da piangere mentre busso con le nocche e scopro che il mascherone antichizzato di Vacanze Romane è fesso, suona cavo? Eh? Perché sto male davanti a questo orrore marzapanato che si para davanti ai miei occhi? (pagg. 88 e sgg.). O ancora: la Murgia devastata dagli stupri ambientali e dai capannoni industriali del distretto del mobile imbottito (Natuzzi e tutte le piccole imprese dell’indotto), moltiplicatisi in un’orgia di sviluppo che è finita nel peggiore dei modi, con licenziamenti e delocalizzazioni (come nei racconti Almeno il sabato e Alla conquista dell’Est).
Se Cartongesso è un monologo fiume (già nella sintassi fluviale e debordante, che non concede soste nell’ipotassi e nella punteggiatura costringendo a letture in apnea per pagine e pagine), Francesco Dezio invece ci dà molte pause, perché il libro si articola in otto racconti-monologhi (alcuni dei quali già pubblicati su testate giornalistiche nazionali tra il 2005 e il 2008) di altrettanti personaggi: c’è un punk di provincia degli anni Ottanta, scampato a derive anarchiche e ai flagelli delle tossicodipendenze, dell’Aids e della malavita; c’è la storia dei membri di un’associazione culturale che negli stessi anni tenta di innestare nella fiacca provincia pugliese le controculture internazionali; poi prende la parola Carla, una cantante alternativa che negli anni Novanta si accontenta di un ingaggio su una nave da crociera, dove canta pezzi di Céline Dion e Mina, perché da quando è tornata da Londra in Puglia non trova un altro modo di sbarcare il lunario: cazzo proprio io, svezzata ascoltando Sex Pistols e Joy Division, vivacchiavo cantando canzoni di merda alle feste dei matrimoni – comunque meglio che fare gli alternativi fuori tempo massimo o sfiatarsi in qualche pub di universitari… Tornare non mi ha emancipata dalla sensazione di non appartenenza. Vivo un’ora alla volta nascondendomi dal sole… A questo penso mentre mi vesto da Jessica Rabbit, voglio un esilio dorato senza progetti, senza ritorno: Croazia Grecia Montenegro Francia Spagna Tunisia. A mai più rivederci (pagg. 61 – 63). Segue lo sfogo di un impiegato che per avere il sabato libero instaura un braccio di ferro con il datore di lavoro, un imprenditore rampante e sleale con i dipendenti e con la concorrenza: il principale c’aveva un’esperienza maturata nel corso di quindici-sedici anni in una ditta media altamurana come commerciale. Era iscritto a Lingue, si era fatto qualche stagione a Rimini… Quando ha visto che poteva camminare con le sue gambe s’è tenuto stretto i contatti commerciali acquisiti e si è licenziato (pag. 70); e la spunta il dipendente, per una volta. Il libro si chiude con la storia d’amore a distanza di due ragazzi disoccupati degli anni Duemila, che non riescono a mettere a frutto i titoli di studio né ad amarsi, tra precarietà affettiva e lavorativa.
Se Maino compone una lunga invettiva dalla cifra stilistica ardua e originale nell’impasto tra italiano e grezzo (il veneto orientale che si parla tra Treviso e Venezia) e nell’invenzione onomastica fortemente satirica (una vera e propria poetica dei nomi), raggiungendo effetti espressivi di grande realismo ma anche di grande levatura tragica, la lingua di Francesco Dezio, che era già stata sperimentale e plurilinguistica in Nicola Rubino (cfr. http://www.treccani.it/magazine/linguaitaliana/percorsi/Silverio Novelli), parte anch’essa dall’uso dell’indiretto libero (ma con esiti meno monumentali di Cartongesso). Anch’essa s’impasta di italiano e lingua parlata (con anacoluti, ripetizioni, inflessioni dialettali, parole gergali, sovrabbondanza del dimostrativo), ma è dotata di grande leggerezza e di una forza comica che tende velocemente verso l’epilogo (icastico) di ciascuno di questi frammenti di vita raccontati in prima persona. I personaggi sono variamente scolarizzati e di età ed inclinazioni diverse, ma tutti con una grande passione in comune: la musica punk, rock, post-punk e post-rock di più di due decenni (dai tardi anni Settanta ai primi anni Duemila), ‘recensita’ nel libro dagli stessi parlanti, che citano formazioni famosissime e quasi sconosciute: Led Zeppelin, AC/DC, Clash, Oasis, Diaframma, Rolling Stones, Gang, Pink Floyd, Underage, Arab Strap, Ramones, Ultravox, Sex Pistols, Orda, Not Moving, Lingomania, Chain Reaction, CCCP, Litfiba, Cure, Died Pretty, Negative Disarcore, Joy Division, Church, Delgados, Rich Fisch in Hand, Boohoos, Simple Minds, Doors, U2, Velvet Underground, Yumi Yumi, Bis, Mando Diao, Libertines, Strokes, Stooges… e tanti altri (i nomi dei 70 gruppi menzionati sono in carattere rilevato nel testo e nell’ultima pagina c’è un’applicazione che consente di scaricare la ‘playlist’ di Dezio).
La letteratura italiana mostra ancora una volta di avere scrittori capaci di sperimentare forme nuove di narrativa: se Cartongesso è un romanzo anomalo perché destrutturato (ma penso anche a Il nemico di Emanuele Tonon, costruito su una trama più lirica ed emotiva che d’intreccio), così Qualcuno è uscito vivo dagli anni Ottanta non è né un romanzo, né un saggio musicale, né una semplice raccolta di racconti autonomi: è una polifonia che reduplica e triplica il suo straordinario effetto di coralità nella musica e nella successione dei monologhi, tutt’altro che indipendenti tra loro, ma legati da sottili richiami a distanza, spesso costruiti alla Foster Wallace come recensioni a concerti o pezzi musicali, in uno sforzo ritmico di sintesi, che concentra la parabola narrativa negli stessi tempi di un concerto o dell’ascolto di un album o di un brano, facendo coincidere il tempo della storia e il tempo del racconto (per esempio la descrizione di un concerto dei Boohoos a pag. 35; il concerto di Melpignano di Iggy Pop alle pagg. 45-50; l’ultimo racconto, invece, è una recensione integrale dell’album The Red Thread degli Arab Strap che fa da colonna sonora all’ultimo appuntamento di due giovani). Già il titolo, inoltre, è un omaggio (ed una risposta provocatoria) ad una nota canzone degli Afterhours: anche Dezio, come Maino, individua negli anni Ottanta, nella ubriacatura consumistica di quel decennio e nel saccheggio delle risorse umane attraverso lo sfruttamento ed il lavoro nero, le cause del totale svuotamento di possibilità narrative nel nostro presente, che portano questi autori a sperimentare forme di racconto libere dalla dittatura della trama (Qui non succede mai niente: è il titolo di un altro dei racconti di Dezio), per parlarci di un pezzo di Puglia, o di Veneto, nella loro verità di terre che sono tornate desolate, senza la pretesa di stordirci come turisti nella descrizione delle loro bellezze.

Francesco Dezio è nato ad Altamura nel 1970 e ha esordito nel 1998 con un racconto pubblicato nell’antologia Sporco al sole. Narratori del sud estremo (Besa). Nel 2004 ha pubblicato con Feltrinelli il romanzo Nicola Rubino è entrato in fabbrica, opera che inaugura la stagione della cosiddetta ‘letteratura precaria’. Alcuni suoi racconti sono apparsi in antologie e su quotidiani e riviste.
Nel 2008 è stato ospite di cinque puntate della trasmissione Fahrenheit su Rai radio 3.
Ha collaborato con «l’Unità», «la Repubblica-Bari», il «Corriere del Mezzogiorno» e condotto laboratori di lettura e scrittura creativa per le scuole.
Tra un periodo di disoccupazione e l’altro, lavora come disegnatore meccanico e grafico.

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