“I libri lo annoiavano a morte. Non che ne avesse letti molti, ma sapeva che non contenevano nulla che potesse interessarlo; nutriva per essi uno schietto sentimento di repulsione che sovente si trasformava in limpida rabbia che andava a digradare verso le sfaccettature più cupe dell’odio cristallino, eredità, forse, dei giorni del manicomio, quando tra i fumi degli elettrodi intravedeva pareti cariche di libri, alle sue spalle, e medici sudati che guardavano il culo alle infermiere, poco più in là”.
Antonio Torrecamonica è il libraio meno azzeccato che si possa immaginare: non per scelta ma per dovere, si ritrova a gestire, suo malgrado, una clientela di lettori, più o meno appassionati, e le loro richieste troppo spesso prevedibili.
Dopo che Don Pietrino lo ha liberato dalle quattro mura di un ospedale psichiatrico e lo ha rinchiuso in una libreria per coprire gli affari sporchi dell’Organizzazione il libraio, rude e sgraziato, dotato di un improponibile riporto, si ritrova a covare il suo non celato odio per i libri e l’umanità tutta, tra scaffali polverosi e volumi di carta più utili per l’igiene personale che per ospitare parole.
“Aveva provato con centinaia di altri: il Don Chisciotte, Moby Dick, la Recherche, La Divina Commedia, l’Iliade, tutto Dostoevskij e altri ancora, ma nessuno di essi custodiva pagine tanto soffici come quelle di Anna Karenina. Provare per credere. Pulirsi il culo con Anna Karenina somigliava in maniera vertiginosa alla felicità. Ecco perché lo scaffale delle Anna Karenina era il suo santo Graal, la fonte stessa del suo potere”.
A rompere la solitudine dei suoi giorni, le telefonate senza filo con il fratello Paolo, scomparso anni prima quando Antonio era solo un bambino: il discorso interrotto con l’amato fratello riprende la forma di conversazioni immaginarie, tra sogno e realtà, nel tentativo disperato di rimettere insieme i pezzi di un’esistenza incomprensibile, scandita dal ritmo sempre uguale dei giorni.
Sarà la scoperta dell’amore per una donna sconosciuta e le parole inaspettate di un libro, a riaccendere nell’insano e grigio libraio il desiderio di fuga e libertà dalla sua forzata prigionia, fino a sconvolgerne completamente le speranza e le attese, a riportarlo alla vita e alla sua multiforme realtà. Grazie alle parole che Florentino Ariza rivolge alla sua amata di sempre Fermina Daza, protagonisti di uno dei più famosi romanzi dello scrittore Gabriel García Márquez, Antonio scopre infatti la sua verità: matura in lui la consapevolezza che la sua solitudine è un inaccettabile rifiuto alle possibilità del vivere e che l’amore è “una cosa seria. Una specie di roccaforte contro il passare del tempo, l’unica in grado di difenderci dal nemico più crudele di tutti. Noi stessi.”
La vicenda personale di Antonio si intreccia con quella del malavitoso Don Pietrino (devoto alla Santa, la defunta zia di Antonio) e dei suoi scagnozzi; con quella degli investigatori digossini guidati dall’ambizioso commissario Serracavallo, convinto che il libraio sia a capo di una pericolosa organizzazione terroristica; e dalla vedova di un uomo dell’Organizzazione, Irene, che Antonio amerà di un amore disperatissimo. Personaggi grotteschi – decisamente credibili nella loro disarmante meschinità – le cui azioni ed omissioni vengono descritte con pungente ironia dall’autore, bravo nel costruire aneddoti divertenti e dialoghi spassosi, anche nei momenti più tristi e amari della storia.
Il libraio vive ai margini della vita, chiuso al mondo e rassegnato alla miseria delle relazioni umane e alla superficialità delle azioni, imbruttito dalle scelte che altri hanno preso per lui. Fino al giorno in cui, grazie anche ai libri che tornano ad essere suoi compagni di vita, riprenderà in mano le sorti della propria esistenza.
“La libreria era l’unica cosa reale di tutta la sua esistenza. Tutto il resto era sogno, sempre e soltanto sogno, il sogno di un uomo ridicolo.”
Lo scrittore siciliano Daniele Zito ci regala, con il suo romanzo d’esordio, una storia decisamente originale, che si snoda attraverso soluzioni mai scontate, giocando abilmente con l’intreccio e con i personaggi, ben manovrati nella trama ordita dal loro esperto burattinaio.
Daniele Zito (Siracusa, 1980) ha 33 anni e vive a Catania. Ha svolto per otto anni il secondo mestiere più antico al mondo (il precario della ricerca), occupandosi di grid, cloud e sistemi complessi tempo varianti. Collabora con l’«Indice dei Libri del mese», dedicandosi per lo più al teatro e alla narrativa italiana. Dal 2008 mantiene un blog giornaliero, seicose.blogspot.com, segnalato, tra gli altri, da «La Repubblica».
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