
Solomon Northup
Dodici anni di schiavitù
Castelvecchi
«Il libro di Solomon Northup è degno del pubblico più vasto: illuminante sullo schiavismo e sull’America precedente la guerra civile, e colmo di umanità, intelligenza e spiritualità» JOSH ZAJDMAN
Per la prima volta tradotto in italiano il libro da cui è tratto il nuovo film di Steve McQueen con Brad Pitt e Michael Fassbender, premiato al Festival di Toronto.
Negli Stati Uniti pre-guerra civile, Solomon Northup, uomo di colore nato libero, arriva a Washington in cerca di lavoro. Qui, nel 1841, viene adescato con una finta proposta, rapito e venduto come schiavo a un proprietario terriero della Louisiana.
Riacquistata infine la libertà nel gennaio del 1853, dopo dodici anni di prigionia, Northup cita in giudizio i mercanti di schiavi che l’avevano imprigionato; ma il lungo processo seguente si conclude senza condanne o risarcimenti.
Pubblicato nel 1853, l’anno dopo La capanna dello zio Tom, il libro di Northup è il resoconto di quella terribile esperienza; scritto in tre mesi con l’aiuto di un autore bianco, Dodici anni di schiavitù al tempo della sua uscita ha venduto 30.000 copie in tre anni. Dopo un lungo periodo di oblio, forse dimenticato perché non aderente ai canoni della narrativa sullo schiavismo, Dodici anni di schiavitù è ormai rivalutato e considerato, per ricchezza dei dettagli e fedeltà nelle descrizioni, un’importante fonte storica.
Nel 2013 Steve McQueen ha tratto dal racconto un film – interpreti Chiwetel Ejiofor, Michael Fassbender e Brad Pitt –, già acclamato dalla critica e premiato al Festival di Toronto.
Solomon Northup (1808-1864 ca.) Afroamericano di Saratoga Springs, New York, ceduta la sua fattoria per problemi economici, si guadagna da vivere come musicista e con altre occupazioni saltuarie. Dopo il periodo di prigionia, Northup diventa un fervente abolizionista, tenendo decine di conferenze in tutto il Paese a sostegno della causa contro lo schiavismo. Nei primi anni Sessanta del XIX secolo, collabora con un sacerdote metodista del Vermont per aiutare i fuggitivi sulla «Underground Railroad», la rete semiclandestina per la fuga degli schiavi neri verso i Paesi liberi.
Lascia un commento