Non vi è mai capitato di guardare vecchie fotografie di vostri parenti che non avete magari conosciuto e farvi domande sul loro destino? Questa è la domanda che vive in Daniel Mendelsohn fin da ragazzino ogni volta che sente parlare dello zio Shmiel, il fratello del nonno e della sua famiglia. Mendelsohn sa che il nonno aveva un fratello sposato e quattro figlie femmine, ma quello che Daniel e gli altri parenti sopravvissuti non conoscono è il misterioso destino che riguarda il clan di Shmiel, scomparso non si sa dove, come, quando di preciso durante l’ Olocausto. Fin da bambino, Daniel Mendelsohn ha raccolto indizi genealogici cominciando a ricostruire la sua antica mappa d’origine, ma all’autore de Gli scomparsi non bastavano i favolosi racconti del nonno nei quali l’anziano rievocava l’infanzia trascorsa nella cittadina di Bolechow, in Ucraina, perché essi erano sì ricchi di dettagli su cosa mangiavano, su come si svestivano, sul lavoro che svolgevano e sulla loro vita sociale, ma poi il racconto della vita di Shmiel si fermava attorno agli anni della Seconda guerra mondiale. Daniel ha il ricordo d’infanzia delle parole bisbigliate con imbarazzo dal nonno e dagli altri parenti ad ogni accenno a cosa accadde a Shmiel alla sua famiglia e fu quest’aura di rispettoso enigma a scatenare in Daniel la voglia di andare sempre più a fondo nella ricerca del proprio passato famigliare per capire se stesso e per conoscere la sorte di chi non c’è più. Per Mendelsohn comincia un pellegrinaggio per il mondo della durata di cinque anni, un cammino durate il quale lo scrittore non solo conoscerà la sua storia, ma entrerà in contatto con tanti altri uomini e donne che hanno vissuto in prima persona il dramma dell’Olocausto. Accanto alla ricerca delle radici della propria famiglia l’autore inserisce una serie di riflessioni sul contenuto della Bibbia e lette con attenzione le cinque parti in cui è suddiviso Gli scomparsi di Mendelsohn non solo contengono l’interpretazione di alcuni importati passi delle Sacre Scritture, ma se le accostiamo in parallelo con il pellegrinaggio compiuto dall’autore, i testi sacri ci permettono di vederlo come una sorta di cammino verso la Terra promessa, che in questo caso corrisponde alla scoperta delle proprie origini e della sorte che il destino riservò a Shmiel. Gli scomparsi di Mendelsohn è l’insieme di anni di ricerche sulla carta, di viaggi in lungo e in largo per il mondo, di un accumulo di fotografie, di testimonianze e ricordi recuperati attraverso interviste e registrazioni. Gli scomparsi è la dimostrazione di una profonda sensibilità umana e della voglia di conoscere il proprio passato compreso quello di un intero popolo spesso vittima – e lo dimostrano i tanti fatti accaduti nel corso della Storia- di ingiustizie e soprusi. Non a caso Mendelsohn troverà i tanti tasselli che gli permetteranno di far luce sul misterioso destino di Shmiel e allo stesso tempo farà tesoro delle tante persone incontrante – veri e proprio testimoni di un dramma universale- che grazie la lavoro dell’autore americano entreranno a far parte della Storia, senza finire nel dimenticatoio. Il cammino vissuto da Daniel e da suo fratello, fedele compagno di avventura, è ricco di emozioni di dolori che riemergono, è sono fondamentali in quanto incarnano il segno concreto dell’importanza di ricordare il passato, perché in esso è custodita una parte di noi dalla quale è possibile recuperare insegnamenti per comprendere il presente e affrontare il futuro.
Daniel Mendelsohn è nato nel 1960 a Long Island. Scrive di letteratura, cinema e teatro sulla «New York Time Book Review», sul «New Yorker», sulla «New York Review of Books». Con Neri Pozza ha pubblicato Gli scomparsi (2007) e Bellezza e fragilità (2009).
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