:: Recensione di Guerrilla Blues di Alessandra Bava (Edizioni Ensemble, 2012) a cura di Ilaria Mainardi

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bavaHa un titolo che sembra estratto da un romanzo ramingo di Jack Kerouac o da una jam session poetica di Allen Ginsberg, questa raccolta di Alessandra Bava, classe 1968, romana, con un po’ d’America nel cuore e nella penna.
Ed è l’America della vivace, dotta Cisco, come gli autoctoni sono soliti chiamare la città di Harvey Milk, che si avverte nel profumo e nella metrica delle ballate, contenute nella silloge “Guerrilla Blues”, edita, nel marzo 2012, da Ensemble Edizioni, ormai una garanzia per quanto riguarda la poesia contemporanea.
Ma ravviso anche l’impegno politico, schierato, senza dubbio, del russo Majakovskij, peraltro citato in “Gli scavatori di trincee”, a fianco delle altre, numerose ispirazioni, nella pedagogia poetica bilingue (italiano e inglese) di Alessandra: “La società vi vuole/ muti e ciechi. Allora/ scrivete sino alla fine”.
Bava non teme le ideologie che non possono morire se c’è ancora chi ha il coraggio di concretizzare il pensiero rivoluzionario di chi lo ha preceduto: “Diffidate dal vivere stagnanti/ stagioni all’inferno…sognate come Pasolini/ ululate come Ginsberg/ lanciate bombe come Corso[1]/ insorgete come Ferlinghetti/ inveite come Hirschman”.
Ma, si badi bene, non di replica stantia di passati in formalina né di sterile agiografia postuma si tratta, quando parliamo di “Guerrilla Blues” e dei suoi eroi. Il riferimento teorico può funzionare solo come propulsore all’agire, non certo come culla mnestica entro la quale sopire, artificialmente, impulsi non meglio canalizzabili (“Andiamo per il mondo e/ che la carne delle nostre/ vocali e delle nostre consonanti/siano le nostre uniche munizioni/ incendiarie).
Non c’è (più) tempo per la passività, ci esorta, continuamente Bava nei suoi versi duri, spezzati, impilati sulla pagina in modo talvolta spiazzante, mai consolatorio: “Come Thoreau/ credo che le cose/ non cambino, ma che/ noi possiamo e dobbiamo/ cambiare”.
Eppure riappropriarsi del passato non è mero esercizio di stile o vanto per letterati inclini alla citazione. All’interno delle liriche di Alessandra, il passato, la memoria storica sono piuttosto la traccia tangibile che conduce alla formazione di una coscienza civile e politica concreta, fattuale. In questo modo interpreto i vari componimenti, suggellati da una dedica esplicita, immagine della vicinanza di sensibilità e di intenti. Uno in particolare, quello in morte, non già del fratello Giovanni, di foscoliana memoria, ma del Che, il più noto fra i rivoluzionari, icona laica, fine intellettuale, ispirazione per le generazioni a seguire, recita, leggero: “ Lascio che/ la ninna nanna della/ Rivoluzione mi culli./ Amavi Neruda come me”.
“… sono nato in Argentina; non è un segreto per nessuno. Sono cubano e sono anche argentino e, se le signorie illustrissime dell’America Latina non si offendono, dirò che mi sento più di chiunque cittadino dell’America Latina, di qualsiasi Paese dell’America Latina; se fosse necessario sarei disposto a dare la mia vita per la liberazione di qualsiasi Paese dell’America Latina, senza chiedere nulla a nessuno, senza esigere nulla in cambio, senza sfruttare nessuno…”, diceva, all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Ernesto “Che” Guevara.
Poesia e prassi, nei versi di Alessandra Bava come nelle parole ferme dell’Argentino, sono accomunati dalla consapevolezza del bellissimo rischio rivoluzionario: una scintilla illumina solo un antro buio, tante scintille possono cambiare il mondo.

[1] Forse la più celebre poesia di Gregory Corso Bomb (1958) ha la particolarità di essere scritta a forma di fungo atomico.

Alessandra Bava nasce a Roma nel 1968.  Si laurea in lingue e lavora come traduttrice. Nel 2010 ha un incontro catartico con il poeta laureato Jack Hirschman in quel di San Francisco del quale è attualmente impegnata a scrivere la biografia. Sue poesie in lingua inglese sono apparse o sono in fase di pubblicazione su diverse riviste ed antologie americane (Left Curve, Occupy Wall Street Poetry Anthology, elimae, ecc.). Con i poeti della Revolutionary Poets Brigade romana partecipa a reading ed iniziative. Il suo testo di poesie Guerrilla Blues (Edizioni Ensemble) è stato pubblicato nel 2012. Al momento sta curando un’antologia dei versi della Revolutionary Poets Brigade romana.

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