:: Segnalazione di Il sorriso di Godot (Edilet 2011) di Stefano Giovinazzo

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Segnalo con molto piacere l’uscita da pochi mesi  del terzo libro di poesie “Il sorriso di Godot” (Edilet) di Stefano Giovinazzo giornalista, editore, poeta. Mi limiterò a fare una segnalazione perchè come sapete sono molto restia a recensire poesia, comunque è un testo che ho letto, che conosco. Personalmente amo le poesie che raccontano una storia, che si sente che sono frutto di un percorso di vita, e non parole sciupate, gettatae a caso magari perchè hanno un bel suono, caratteristica a mio avviso della cattiva poesia. Ho alte aspettative quando si tratta di poesia con la quale ho un rapporto quasi erotico, passionale. La poesia penso debba trasmettere energia, rabbia, desiderio, amore, paura. Lo sciatto stillicidio  di versi amorfi penso corrisponda alla più alta forma di anti poesia, e la noia che ciò irradia penso sia la tomba ingloriosa di ogni falso poeta. La prima impressione è stata felice, se avrete modo di leggere questo breve libretto sono 42 concisi componimenti a schema libero non privi di assonanze, rime sporche e imperfette, allegorie, sinestesie, iperboli ellittiche, vi accorgerete che l’apparente semplicità nasconde un lavoro di sintesi, di limatura, anche di autentica rabbia e sofferenza e la sincerità è in ultima analisi a mio avviso la voce  della vera poesia. E di sincerità qui ne ho sentita.

«L’autore è legato al Godot del teatro dell’assurdo, al mood dell’attesa senza speranza eppure vivida nei suoi colori limbici, sospesi. E, da buon innamorato di questo frangente emotivo, ne esplora tutte le dimensioni amandole, trovando il senso che più gli appartiene, scrutandone le vette e le cadute, le altezze sino al sorriso di coscienza presa che ammette e spezza e reinventa la strada».

( dalla Prefazione di Irene Ester Leo)

«Stefano Giovinazzo è un poeta che ha deciso di crescere e, ciò ch’è più importante, di assumersi le responsabilità di questa crescita. Lo si capisce dal coraggio che ha e che mette in gioco nel rompere la scorza del suo stesso “guscio”, perché ha sete di parole strane, inedite, nuove, capaci di portare a una straordinaria definizione della realtà, a un impatto diverso sul mondo che conosciamo».

(dalla Postfazione di Marco Onofrio)

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