– Tua madre coltiva marijuana in cortile. Tuo figlio gira con un invasato finto islamico, i tuoi vicini sono poveri diavoli immigrati sempre in bilico fra un’esistenza lecita e un’esistenza illecita. Ti vesti come un dandy sballato dei primi anni ’80. Beh, con un profilo del genere pensi di essere credibile come poliziotto? – chiese l’immagine allo specchio.
Pietro Malatesta, sbirro anarchico di periferia, e la sua Ferrara noir e multietnica, – protagonisti incontrastati di questa trilogia che riunisce in un solo libro edito dalla milanese Momentum tre romanzi brevi separati di Lorenzo Mazzoni: Nero ferrarese, Il recinto delle capre e Il cinematografo, in passato usciti con Linea BN edizioni-, si inseriscono a pieno titolo, seppur italianissimi, nella gloriosa tradizione che ha fatto grande il polar francese. Un noir poliziesco della quotidianità, delle banlieues degradate, degli ultimi, dei diseredati, dei teppisti da strada, dei venditori abusivi di accendini e portachiavi, delle modelle porno, un noir in cui Mazzoni piuttosto che indulgere su toni cupi e opprimenti si lascia contagiare da sprazzi di luce e di umorismo che molto ricordano le strampalate indagini del commissario SanAntonio di Frederic Dard, la scena di Malatesta alle prese con la venditrice di aspirapolveri in Nero ferrarese vi assicuro gareggia con le sue pagine più bizzarre e divertenti. Se dovessi fare un a raffronto musicalmente parlando non potrei non pensare alla contaminazione di generi della musica alternativa dei Mano Negra, alla loro solarità e allegria. Un noir solare è quasi un controsenso, ma rispecchia bene l’ambivalenza e la varietà di generi che caratterizzano maggiormente l’originalità di questi tre romanzi. Nella bellissima prefazione di Enrico Pandiani, che vi consiglio di leggere al termine della trilogia, leggerete una profonda analisi di cosa c’è e di cosa invece non c’è in Malatesta. Indagini di uno sbirro anarchico, ed è raro che uno scrittore parli di un altro scrittore con tale cognizione e partecipazione. Non a caso Pandiani è un altro seguace della scuola francese, tanto da ambientare le sue storie direttamente a Parigi.
Camminò lungo via Garibaldi, percorse via Cassoli, giunse di fronte al Bar dello Stadio, incastonato sotto la gradinata, riparato dai platani. Quando era un ragazzo scalmanato, Malatesta passava intere serate dentro quel bar. Si ritrovava lì con i suoi compari teppisti. Bevevano vino, giocavano a carte, organizzavano le battaglie della domenica, intonavano cori. Poi lui si era sposato ed era diventato uno sbirro e i suoi compari erano invecchiati, qualcuno era finito in gattabuia, qualcuno era morto di eroina, qualcun altro si era sistemato e rinnegava il passato. La gloriosa Ovest era morta.
Pietro Malatesta, ex teppista pentito, tutore dell’ordine sui generis, contraddice tutti gli stereotipi del poliziotto standard: è un anarchico, non inquadrabile in categorie ed etichette, non è addomesticabile. Gira per Ferrara in bicicletta, non è tentato di esercitare il suo potere in modo violento e arbitrario, tollera a mala pena la mediocrità dei suoi superiori che hanno fatto carriera tramite agganci giusti e corruzione, prova simpatia per i più sfortunati, forte di un romanticismo un po’ surreale e strampalato che Mazzoni non porta mai a scadere nel comico ad oltranza o nella farsa. L’anima noir del libro persiste e si nutre di rabbia, di quel tipico odore di bruciato che si respira in una società malata di consumismo e indifferenza, in cui la violenza e il crimine invece di essere eventi eccezionali ne costituiscono il terreno naturale in cui si muovono i personaggi, vinti, sconfitti, doloranti per le botte prese, per le delusioni, per lo squallore che li circonda fatto di degrado, rassegnazione, sopraffazione del più forte sul più debole. La fenomenologia malatestiana porta con sé una notevole dose di anarchico anticonformismo e di autentico dolore non troppo nascosto dalle pennellate di umorismo che non bastano a nascondere tutto il nero che costituisce la nostra quotidianità. Non posso non ricordare che Nero ferrarese è dedicato in memoria di Federico Aldrovandi. In conclusione un plauso ai disegni di Andrea Amaducci che si alternano al narrato come riflessi onirici profondamente in simbiosi con la storia, e pur nella loro semplicità, ci accompagnano davvero durante la lettura e quasi si aspetta l’arrivo del prossimo disegno, in bianco, nero e rosso.
15 febbraio 2012 alle 18:02 |
Complimenti per la recensione. Ho letto il libro perché ho visto che era introdotto da Enrico Pandiani, che trovo un grande scrittore. Malatesta è fortissimo, deliziosamente provinciale ma al contempo metropolitano. Una lettura piacevolissima. Spero vengano presto nuovi episodi.
16 febbraio 2012 alle 10:54 |
malatesta è un personaggio noir straordinario.
18 febbraio 2012 alle 15:42 |
Amo Malatesta, è il nostro Strasky. Ci sono nuovi suoi libri in commercio?
18 febbraio 2012 alle 16:24 |
Giro la domanda all’autore.
21 febbraio 2012 alle 12:39 |
Ciao Giulia, grazie dei complimenti. Sì, ci stiamo lavorando. Buona giornata.
3 marzo 2012 alle 10:19 |
mi interessa tantissimo. mercoledi 7 al modo infoshop. ci sarò.
silvia
28 agosto 2012 alle 13:49 |
Mi avevano consigliato tempo fa questo libro. L’ho letto in vacanza, quest’estate. E’ stata una piacevole sorpresa. Sono storie divertenti e scritte molto bene, e belli pure i disegni. Originale. Mi piacerebbe leggere altri episodi, ma mi sembra che non ci sia niente in giro.
28 agosto 2012 alle 15:15 |
Ciao Dario, in occasione del terremoto dell’Emilia hanno pubblicato “Malatesta. La tremarella” https://liberidiscrivereblog.wordpress.com/2012/06/18/malatesta-per-il-terremoto-dellemilia/
Ti consiglio anche di leggere il racconto che Lorenzo Mazzoni ha pubblicato sul Manifesto: http://www.ilmanifesto.it/area-abbonati/ricerca/nocache/1/manip2n1/20120825/manip2pg/10/manip2pz/327717/manip2r1/resistenze%20noir/
Buona lettura, Giulia