Z.Z. DelPresto, scalcinato detective privato di Mobile, Alabama, ha visto tempi migliori. Il destino cinico e baro ha deciso di accanirsi su di lui e a questo pensa mentre se ne sta sporco di sangue fino alle orecchie a sudare, in una domenica di metà agosto, nella sala interrogatori della locale centrale di polizia, cercando di spiegare a due poliziotti ostili e incazzati, che lui è innocente, che lui non ha ucciso Rachel Woolf, che lui l’amava quella disgraziata ragazza. Tutto comunque congiura contro di lui: ben quattro testimoni giurano e spergiurano di averlo visto uccidere Rachel, gli occhi dei poliziotti e se non bastasse anche una polaroid certificano che ce l’aveva in mano lui quel dannato coltello, arma del delitto o “pistola fumante” come si suol dire. Ma lui è innocente, cazzo, essere incastrato per un delitto che non ha commesso ha dell’assurdo, del patologico. Lui, proprio lui, che viaggia sempre sul filo teso che separa legalità e illegalità, che alla vita umana non da poi tutta questa importanza, e che il suo mantra è non farsi prendere. L’ideona dei due sbirri è strappargli una confessione, con le buone (sic) o più che altro con le cattive. Sul punto di crollare Z.Z. vede arrivare nella stanzetta surriscaldata come una fatina buona l’obeso capitano che inaspettatamente gli dà una pacca sulla spalla e gli dice: le prove sono inconsistenti, sei libero, saluti e baci sotto gli occhi annichiliti dei due esterrefatti porta distintivi. Scioccato pure lui si allontana dalla centrale, prima che cambino idea e, pur sospettando che ci sia qualcosa sotto a quella repentina scarcerazione, si fa due conti mentre se ne torna nel suo lercio appartamento Un monolocale trascurato che non veniva pulito da almeno un anno e Ogni qualvolta che la puzza delle lenzuola diventava rivoltante, le buttava via e andava a comprarsene di nuove. Allora ricapitolando: Rachel era solo una ragazzina di diciassette anni e questo già non depone certo a suo favore, in certi stati per cose del genere ovvero scoparsi una minorenne, si finisce in gabbia e gettano la chiave alla faccia del fascino perverso da Humbert Humbert da strapazzo, con buona pace di Nabokov. Poi era la figlia di una tizia che l’aveva cacciato in una montagna di guai. Tutto era iniziato perché un tale Edward Pfiffer, un nerd diventato milionario con internet, l’aveva assunto due settimane prima per seguire la madre di Rachel e scoprire se lo tradisse. Eh già la bella Nania, fascino latino da diva di Hollywood, e serpe velenosa a tutto tondo, sposata con un tale che amava più i fusti palestrati che la moglie, ha un concetto tutto suo di fedeltà. Grazie a quel lavoro aveva conosciuto Rachel e alla faccia della professionalità si era imbarcato in quella brutta faccenda che sembrava destinata a tirarlo a fondo. Una sola via d’uscita: trovare l’assassino di Rachel. Sembra facile, ma non ostante tutto, il nostro Z.Z. DelPresto il suo lavoro lo conosce e lo fanno fesso una volta sola. To The Devil, My Regards, titolo che avrei mantenuto paro paro invece della versione italiana Salutami Satana, tradotto in modo svelto e sincopato da Marco Schiavone per la collana Revolver Edizioni BD in uscita dal 9 febbraio in tutte le librerie, vede per la prima volta insieme due geniacci del pulp made in Usa: Victor Gischler e Anthony Neil Smith. Due amici, oltre che colleghi, che condividono una particolare visione ludica della scrittura piuttosto insolita per due maestri di scrittura creativa, Neil Smith è direttore del Centro di Scrittura Creativa alla Minnesota State University, mentre Gischler è stato a lungo insegnante di scrittura creativa presso la Roger State University, in Oklahoma, e non mi stupirei che si siano divertiti parecchio tra una pinta di birra e l’altra nella stesura di questo libricino che se ha un difetto è solo quello di essere troppo breve, dannatamente troppo breve. Il risultato di questa unione è bizzarro, anarchico, una delizia per i cultori di questa nuova grande letteratura pop, sfrenatamente pop, che azzarda, mescola ritmi, contamina con citazioni prese dal cinema, dal fumetto, dalla letteratura cosiddetta alta, Tom Sawyer che vernicia la staccionata, è un esempio ma ce ne sono altri, improvvisi, repentini, rumorosi come fuochi d’artificio. Schegge impazzite costituiscono un puzzle dove anche i personaggi minori sono delineati con cura e efficacia pensiamo solo a Dritto Jenkins, su tutti il mio preferito assieme al protagonista Z.Z, ditemi anche voi se queste iniziali non vi hanno fatto venire in mente il ronzio di una zanzara molesta. Capire dove finisce Gischler e inizia Neil Smith è un gioco pericoloso in cui si rischiano brutte figure, ma io mi ci sono divertita parecchio anche se di Neil Smith ho letto troppo poco, solo Yellow Medicine per cui vi risparmio i miei azzardi e vi invito a fare i vostri.
20 aprile 2013 alle 8:02 |
Uno dei libri più scontati e non necessari mai letti. Unico pregio la brevità.
Gischler è a un passo dall’essere lo scrittore più sopravvalutato di sempre.