:: Intervista a Giuseppe Pastore

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induesiuccidemeglioBenvenuto Giuseppe su Liberidiscrivere. Iniziamo con le presentazioni. Allora sei nato ad Avellino nel 1979, ami l’horror e la fantascienza, sei uno scrittore, sei laureato, curi il sito Thriller Café. Vuoi aggiungere qualcos’altro?
 
Grazie innanzitutto per avermi invitato da questa parti, è un piacere e un onore per me. Che altro vorrei aggiungere? Mah, non è che ami molto parlare di me. Direi solo che più che di horror e sf, sono un forte lettore di thriller, anche se effettivamente come scribacchino mi sono cimentato diverse volte col fantastico.
 
Quando hai capito per la prima volta che avresti voluto diventare uno scrittore?
 
Questa è una domanda difficile, perché non c’è un momento preciso. Sono sempre stato uno che legge parecchio e a un certo punto, verso il 2003, ho cominciato a provare a scrivere, più che altro per vedere dove potevo arrivare. Ho prodotto delle cose veramente imbarazzanti allora, poi sono migliorato un po’ e ho portato a casa qualche targhetta. Ma ancora oggi sono lontano dall’essere uno “scrittore”. Facciamo uno scribacchino, va’!
 
C’è qualcuno che ti ha particolarmente aiutato all’inizio della tua carriera che vuoi ringraziare?
 
Alessio Valsecchi, il webmaster de Latelanera.com. Non fosse stato per lui e il suo sito, probabilmente non avrei concluso granché e avrei lasciato perdere in breve tempo. Gran parte di quello che ho combinato dal punto di vista letterario in qualche modo è da ricondurre a lui.
Dopo di lui, tanti amici del forum de La Tela Nera, nonostante le nostre strade si siano col tempo separate.
 
Quali sono gli autori che ti piacciono di più?
 
Dovrei fare un elenco interminabile. Dico Vachss
 
Sei il webmaster di Thriller Café. Collabori anche ad altri siti web che si occupano di letteratura?
 
Su Latelanera.com sono il responsabile della sezione dedicata ai Serial Killer, anche se negli ultimi anni il mio contributo al sito è stato molto sporadico, preso come sono da una miriade di cose tra cui dividere il poco tempo libero che ho. Sto cercando di capire come trovarmi un pugno di cloni per tenere dietro a tutte le attività a cui vorrei dedicarmi ma per ora non sono venuto a capo del problema, purtroppo (chiunque abbia suggerimenti sul tema, mi contatti!) (Sorride).
 
Quale scrittore sogni da sempre di intervistare?
 
Mi sarebbe piaciuto intervistare Edward Bunker, ma non c’è più, come pure Westlake. Uno che mi sta simpatico è Robert Crais: vedremo se prima o poi riuscirò a fargli qualche domanda…
 
Tra i tuoi molti racconti che hai scritto quale preferisci?
 
Molti sono stati una tappa importante per me. Forse quello che mi piace di più è “Vendetta Indù”, che arrivò 3° a un Premio Lovecraft. Lo trovo abbastanza riuscito, per quanto a distanza di tempo si possano sempre vedere dei punti migliorabili.
 
Raccontaci la genesi di In due si uccide meglio. Quanto tempo ci hai messo a scriverlo? Dove hai trovato ispirazione? Come ti sei documentato?
 
Io e Stefano, l’altro autore del saggio, abbiamo impiegato diversi mesi per completare la prima stesura. È stato un lavoro complicato trovare soprattutto il materiale necessario per le parti di approfondimento. Qualcosa è disponibile in rete, ma il grosso è venuto da testi specialistici, diversi dei quali non tradotti in italiano (fondamentale, per esempio il testo di Jennifer Furio, "Team killers").
 
Perché scegliere la formula del saggio e non che so io del romanzo tout court, o del reportage giornalistico?
 
Perché accanto alla cronaca ci sono fondamentali passaggi di criminologia, psicologia, sociologia. Sarebbe stato impossibile farle entrare in un romanzo o in un reportage. Credo che il saggio fosse l’unica formula possibile per quanto ci prefiggevamo di esporre, anche se nelle parti di narrazione dei fatti il testo si può leggere quasi come un romanzo, almeno a quanto hanno rilevato diversi lettori.
  
In In due si uccide meglio tu e Stefano Valbonesi analizzate le storie di persone che uccidono in modo seriale e per farlo decidono di farlo in coppia. In cosa consiste l’eccezionalità di questo fatto? Il fenomeno dei serial killer è prettamente americano o anche in Europa si sta diffondendo?
 
L’omicidio, soprattutto quello seriale, è l’esito estremo a cui certe persone giungono per realizzare le proprie fantasie. Si tratta di qualcosa di fortemente personale nella maggior parte dei casi, quindi è difficile che si riesca a trovare una persona “adatta” con cui condividere l’esperienza. Quando però la s’incontra, le fantasie dei partner si amplificano e si alimentano a vicenda, e conducono ad atti che in singolo non sarebbero stati neanche pensati.
Per quanto riguarda la collocazione geografica del fenomeno, c’è da considerare che, come spiega Maslow nella sua teoria dei bisogni, l'uomo cerca di soddisfare le proprie necessità a partire da quelle più elementari (cibo, tetto), fino ad arrivare a quelle di livello più elevato, scalando una vera e propria piramide, sulla cui cima è presente il bisogno di autorealizzazione. Nelle società più avanzate, e in particolare negli Stati Uniti, laddove la maggior parte dei bisogni primari è soddisfatto, è più forte la spinta a fare ciò che si vuole, e che in moltissimi casi è affermare il proprio Io con l’omicidio. Ma pur restando gli USA “la fabbrica mondiale dei serial killer”, anche in Europa (e in Italia) ci sono molti assassini seriali.
 
Come nelle dinamiche relazionali tra gemelli anche nelle coppie di serial killer c’è un carattere dominante?
 
Quasi sempre. Si parla di incube e succube, nella maggior parte dei casi, anche se ci sono coppie in cui è riscontrabile una “mutua concordanza”, come diceva Sighele. In generale, comunque, c’è un elemento dominante, soprattutto nelle coppie uomo/donna. Qui spesso abbiamo un sadico sessuale che ha plagiato la compagna al punto da trasformarla da persona normale in un’assassina seriale.
 
Tra le coppie che tu e Stefano avete esaminato quale per efferatezza, violenza, ti ha turbato di più?
 
Henry Lee Lucas e Ottis Toole. Uno psicopatico necrofilo abbinato a uno schizofrenico cannibale e ritardato. Lucas era fissato per lo stupro post-mortem, Toole mangiava parti di cadaveri. Dire chi davvero fosse il più perverso tra loro due a mio parere è proprio impossibile. E assieme hanno seminato paura e morte come forse nessun’altra coppia.
 
La prefazione di In due si uccide meglio è stata scritta da Ruben De Luca psicologo e criminologo, un luminare sul fenomeno dei serial killer che fa un resoconto oltremodo lusinghiero. Cosa hai apprezzato di più della sua prefazione? Cosa ti trova totalmente d’accordo e cosa meno?
 
Avere una prefazione dal professor De
Luca è stato per noi un onore, e quanto ha scritto ancora di più, considerando che è uno dei massimi esperti del fenomeno in Europa e che è uno che dice esattamente quello che pensa. Ha definito il nostro libro “onesto”, ed è proprio quello che volevamo realizzare: un’opera senza pretese di abbracciare il complesso e troppo esteso universo degli assassini seriali, ma focalizzata su un solo argomento, da trattare con profondità e sottolineando comunque di non volere dare risposte, ma semmai di far sorgere domande.
 
Che esperienza è stata scrivere un libro a quattro mani? Lo rifaresti?
 
Scrivere in coppia è un'esperienza che arricchisce, anche se è chiaro che ciascuno dei due autori debba confrontarsi con le esigenze dell'altro, i suoi tempi, i suoi ritmi. Non è facile, questo è certo. Ma è molto stimolante e poi quattro occhi sono meglio di due quando si tratta di trovare quello che non funziona e bisogna assolutamente correggere. Lo rifarei? Per un progetto interessante, sicuramente.
 
Che libro stai leggendo attualmente?
 
Solo Fango, di Giancarlo Narciso. Mi sta piacendo molto (come tutti i suoi, devo dire), e sicuramente lo consiglio, anche perché è un noir ambientalista e aiuta ad aprire gli occhi su ecomafie e abusivismi in genere.
 
Se dovessi scappare da una biblioteca in fiamme quale è l’unico libro che salveresti?
 
Il Corsaro Nero, per una questione affettiva. È il primo libro romanzo che abbia letto: avevo otto anni, se non sbaglio, e se oggi mi piace leggere forse è anche perché l’impatto con la lettura è stato “esaltante”.
 
Che consigli daresti ai giovani scrittori in cerca di editore? Si può vivere al giorno d’oggi solo di letteratura?
 
Non pagate, prima di tutto. Se non trovate un editore che non vi pubblica investendo, è perché la vostra opera non è valida. Leggete di più, continuate a scrivere, frequentate forum, altri scrittori. Cercate di migliorarvi. Al romanzo successivo probabilmente raggiungerete l’obiettivo.
Alla seconda domanda, di certo non posso  rispondere io. Ma il fatto che non possano farlo neanche tanti scrittori con diversi libri nel curriculum dovrebbe bastare…
 
Ci sono scrittori esordienti che ti hanno particolarmente colpito anche italiani?
 
Il libro di esordio di Marilù Oliva, Repetita, è stato una vera sorpresa (e il secondo posto al premio Camaiore non è un caso): appena finisco il romanzo di Narciso di cui parlavo prima, sicuramente leggerò la sua seconda opera, “Tu la pagarás!”.
 
C’è una recensione che ti ha particolarmente fatto piacere leggere?
 
Fortunatamente tutte le recensioni finora ricevute a “In due si uccide meglio” sono state positive, ma ogni parere per me è importante: da quello dei lettori che mi scrivono via email o su facebook per farmi i complimenti, alle parole di apprezzamento di scrittori come Stefano Di Marino, Donato Carrisi, Barbara Baraldi, o Andrea G. Pinketts, che addirittura mi ha telefonato per dirmi che il libro gli era piaciuto.
 
A che libro stai lavorando in questo momento? Puoi anticiparci qualcosa?
 
C'è un romanzo che attende da tanto tempo, ma non sono soddisfatto al 100% dell'intreccio e il tempo da dedicargli pare sempre pochissimo. L'obiettivo è riprenderlo al più presto e portarlo a termine. Vedremo se il 2011 sarà l'anno buono oppure ancora no…
Intanto, grazie per avermi ospitato su Liberidiscrivere!

Grazie a te Giuseppe e sicuramente mi troverai spesso dietro il bancone di Thriller Cafè.

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