Qual è la condizione di vita in cui dovrebbe vivere un uomo? Difficile dirlo, ne esistono diversi che vanno da un estremo all’altro, improbabile stabilire quale sia il più giusto. Alcuni, però, possono essere definiti senza dubbio deprimenti, emarginati, sconclusionati. Dimitri Verhulst né “Il purtroppo delle cose” (Fazi Editore, 2009, 219 pagine, 16,50 euro) racconta le vicende del piccolo Dimitri, protagonista di una storia che, per molti aspetti, può essere definita al limite. L’autore, con uno stile di scrittura scorrevole ed efficace che, in più di una circostanza, costringe a sorrisi che lasciano l’amaro in bocca, dipinge squarci di vita che risaltano in modo realistico agli occhi di chi legge, in cui i luoghi e il succedersi degli avvenimenti sono profondamente impregnati delle sensazioni dei protagonisti. Tutti sembrano accettare il destino che gli è stato assegnato fin dalla nascita, alcuni esaltano il proprio modo di essere per sentirsi vivi e capaci di lasciare un segno del proprio passaggio. Per nessuno sembra possibile una via di fuga, solo una morte prematura l’unica alternativa. Il piccolo Dimitri osserva tutti, racconta le sue sensazioni e quelle di chi gli sta vicino nel succedersi degli avvenimenti che segnano la sua esistenza. I suoi stati d’animo sono molteplici, disagio quando incontra chi vive un’esistenza migliore dalla sua, orgoglio, comprensione, rassegnazione, odio nei confronti di chi sembra averlo condannato a vivere quello stato delle cose. Il tempo passa, Dimitri cresce e riesce nell’impresa che, fino a quel punto del racconto, sembrava impossibile, intraprendere un percorso diverso da chi lo aveva preceduto. Il suo racconto sembra poter lasciare spazio alla speranza per tutti, esiste una via d’uscita. La realtà, però, sembra dover prendere il sopravvento. Costruire un percorso alternativo significa muoversi lungo una strada difficile e piena di ostacoli, soprattutto da un punto di vista interiore. Avviarsi lungo la discesa che porta verso il purtroppo delle cose, quello stato di vita nel quale non si riconosce più, sembra molto semplice, una possibilità sempre in agguato dietro il prossimo angolo.
16 dicembre 2009 alle 14:21 |
"Avviarsi lungo la discesa che porta verso il purtroppo delle cose" gran frase, gran recensione.
Mi incuriosisce, lo aggiungo alla lista dei libri "per quando avrò tempo"
16 dicembre 2009 alle 17:07 |
Non ho letto il libro, però la tua recensione è davvero interessante. Saluti.
16 dicembre 2009 alle 19:10 |
Nemmeno io ho letto il libro ma trovo che la recensione sia invitante. ^_^ Complimenti!
Quando riceverò una recensione per il mio blog?
16 dicembre 2009 alle 19:39 |
@ Leo 23 @Luna 70 @Hatshepsut81. Grazie a tutti e tre, il libro, a mio avviso, è molto bello, ve lo consiglio vivamente per quando avrete tempo. Ciao.
P.S. Hatshepsut81 vedrò di fare il possibile anche se, per il momento, credo che dovrò rallentare la mia attività. Saluti a tutti.
18 dicembre 2009 alle 13:46 |
E bravo il nostro Nicola!
Onnipresente e in continua evoluzione!
Ottima recensione, pur non conoscendo il libro!
Bravo!
ciao
28 dicembre 2009 alle 21:29 |
La recensione davvero invita alla lettura di questo libro.
Sei bravissimo Nicola!
30 dicembre 2009 alle 14:49 |
@Valtergiraudo Onnipresente sperando di non diventare rompiscatole. Credo che il libro ti potrebbe piacere.
@Raggioluminoso Se non ti fai speaventare da storie tristi il libro ti potrebbe piacere davvero tanto. Ciao e grazie per la tua attenzione.
26 gennaio 2010 alle 12:38 |
sto leggendo il libro (in olandese) , é davvero particolare, e ci terrei a precisa che i fatti sono autobiografici e per questo 3/4 della famiglia non parla più con l’autore… o gli ha fatto causa. per chi vive in belgio questo libro é ancora più incisivo, tra l’altro é stato anche fatto un film lo scorso anno che qui ha avuto un mega-successo, magari arriverà anche in italia, pero’ col doppiaggio si perderà molto, visto che é tutto in dialetto.
26 gennaio 2010 alle 18:41 |
Oltre ad essere un libro particolare, a mio avviso, è stato tradotto molto bene. Gli ha fatto causa 3/4 della famiglia? Invidia, coscienza sporca e fame di soldi, potrebbe essere un’idea!